di Elisa Tortonesi
1. INTRODUZIONE
Nei primi decenni del XX
secolo la cartolina illustrata gode di fiorente popolarità, non solo nella
forma stampata, ma anche come immagine disegnata o dipinta a mano su cartoncino
da disegno, tagliato su misura e venduto nei negozi di materiale per artisti.
Nell’autunno del 2021 ho
acquistato una cartolina ad acquerello per la mia collezione, colpita dalla
delicata immagine di una cappella dipinta nei toni del grigio. Risalente a
oltre 100 anni fa, mai avrei immaginato di poter ricostruire la storia della
cartolina; anzi, le storie, perché le vicende “narrate” sono in realtà due:
quelle di due ragazzi quasi coetanei, provenienti da due Paesi diversi che parlavano
due lingue differenti. Il destino li ha fatti avvicinare solo per un momento,
durante il periodo forse più intenso e difficile della loro vita, quando
entrambi, giovanissimi soldati, dovettero combattere sui due fronti opposti
durante la Prima Guerra Mondiale. Qui, le loro esistenze si sono sfiorate per
un attimo, probabilmente senza che i due ragazzi se ne siano neppure resi conto:
due vite completamente estranee l’una all’altra ma, allo stesso tempo, unite
per sempre sulle due facciate opposte della stessa cartolina.
2. IL FRONTE DELLA CARTOLINA
Il soggetto dipinto sul
fronte della cartolina è una piccola cappella immersa nella natura con una
dedica in scrittura rotonda ed ordinata: “Al Rev. P. Vicario Generale M.° Ferriello –
dedico in segno di gratitudine, uno schizzo fatto sull’Alpago – um.e A. Di.
Pasquale”. Sono annotati anche luogo e data: “Belluno 1917”.
Una prima breve
ricerca in internet rivela come probabile autore del disegno e della dedica Alfonso
di Pasquale, un pittore nato ad Andria nel 1899. La conferma che si tratti
proprio di questo artista viene fornita da un articolo sulla sua vita e
carriera di cartografo scritto da Alessio Argentieri (Argentieri, 2021).
L’articolo racconta, tra le altre cose, che Alfonso Di Pasquale aveva ricevuto
in regalo la sua prima tavolozza da Padre Ferriello, un frate Agostiniano che
ne aveva notato la precoce predisposizione artistica. Alfonso aveva dedicato la
cartolina dipinta sull’Alpago proprio a Padre Mariano Ferriello.
L’Alpago è una conca
circondata dalle Prealpi bellunesi nella valle del fiume Piave, al confine con
il Friuli-Venezia Giulia, dove si è combattuta una parte tragica e importante
della Prima Guerra Mondiale. Ancora oggi esistono in quella zona diverse
cappelle votive che hanno una struttura piuttosto simile a quella del disegno e
che sono spesso dedicate a San Floriano o a Sant’Antonio. La cappella del
disegno si trovava su un’altura, sotto i rami di un albero, con un muro di
sassi e una scaletta di pietra per raggiungerla. Purtroppo, dopo più di 100
anni, non è stato possibile stabilire la posizione esatta della cappella raffigurata
nel disegno e se esista ancora.
Nell’articolo di Alessio
Argentieri (Argentieri, 2021) e nel libro curato da Vincenzo Masi (Masi, 2013)
si può leggere la dettagliata biografia di Alfonso Di Pasquale che, quale “ragazzo
del ‘99”, nel 1917 era stato mandato al fronte a combattere proprio sull’Alpago
(in particolare sul monte Visentin) e, durante uno degli spostamenti, aveva
perduto la sua tavolozza con colori e disegni (Masi, 2013). La cartolina
protagonista di questo articolo faceva parte probabilmente dei disegni smarriti
in quell’occasione. Quasi certamente non è mai stata recapitata al padre
Agostiniano cui era stata dedicata.
3. IL RETRO DELLA
CARTOLINA
Tengo a precisare che le informazioni trovate, relative alla storia del retro della cartolina, sono state riportate fedelmente in questo articolo, sostituendo però tutti i nomi delle persone coinvolte nelle vicende per salvaguardarne il diritto alla privacy.
In contrasto con la
grafia ordinata, precisa ed esperta della dedica in italiano che accompagna il
disegno sul fronte della cartolina, il retro è scritto con matita copiativa,
con mano insicura e in grafia contorta e sottile. La cartolina è indirizzata a
Margaretha Müller, residente in una strada di Graz. Il testo sbiadito del
messaggio, scritto originariamente in tedesco e tradotto qui di seguito in
italiano, è il seguente: “3 gennaio
1918 - Cara Mamma, affettuosi saluti. Se scrivete che Ludwig o Mamma è
malato (o malata), allora vengo anche in licenza. V. Müller”. Un
testo semplice e diretto, scritto probabilmente da un soldato che cerca
disperatamente una possibilità per lasciare il fronte almeno per la breve pausa
di una licenza straordinaria. Non c’è traccia di francobollo, né tantomeno del
timbro postale “Feldpost”, usato in periodo bellico in sostituzione
dell’affrancatura ordinaria per la posta indirizzata da e verso il fronte.
Viene da chiedersi chi fosse “V. Müller”,
se sia sopravvissuto alla Guerra e tornato a casa, a Graz, dalla madre cui
aveva indirizzato quelle poche parole, scritte al freddo di gennaio, forse dal
buio di una trincea. I risultati della ricerca effettuata, partendo dai soli
dati scritti sulla cartolina, sono stati insperati e sorprendenti.
Per la ricerca storica
riguardante persone nate e vissute in Austria più di 100 anni fa esistono informazioni
in archivi accessibili ufficialmente online e a disposizione di tutti. La prima
ricerca è stata fatta nelle liste dei Caduti austriaci della Prima Guerra
Mondiale. Non trovando alcun riscontro, si è potuto dedurre che il soldato “V.
Müller” fosse tornato a casa vivo alla fine della Guerra.
La seconda ricerca ha
riguardato la sua tomba: chiamato alle armi nel 1918, doveva avere all’epoca
almeno 20 anni, quindi era estremamente improbabile che fosse ancora in vita al
giorno d’oggi. Grazie a una ricerca nei siti in internet che raccolgono e
pubblicano foto e dati delle tombe di cimiteri internazionali, è risultata
esistere una possibile tomba proprio a Graz: il nome che poteva corrispondere all’iniziale
“V.” era Viktor, e il defunto era nato nel 1898 e deceduto nel 1947.
Tramite gli archivi
consultabili ufficialmente online che preservano in formato digitale le schede
individuali dei Registri della Popolazione di Graz del passato è stato
possibile ricostruire che la madre del Viktor nato nel 1898, la cui tomba si
trova a Graz, si chiamava proprio Margaretha e che nel 1918 era residente
all’indirizzo che il figlio aveva scritto sul retro della cartolina.
Ottenute queste prime informazioni,
è stato possibile individuare anche le schede degli altri familiari e,
utilizzando i Registri Parrocchiali della città e la stampa quotidiana del
tempo, è stato ricostruito a grandi linee il destino difficile e spesso
sfortunato di Viktor e della sua famiglia.
Viktor Müller era nato a
Graz nel 1898, primogenito di Wolfgang e di Margaretha Müller, entrambi di
professione “serventi”, che si erano sposati tre anni prima in quella stessa
città. Alla nascita di Viktor era seguita nel 1901 quella del fratello Ludwig,
citato nel messaggio sul retro della cartolina, e poi quella della sorellina
Magdalena, nel 1904. Ultima nata per la famiglia Müller era stata Susanne, nel
1911, che purtroppo era morta solo due giorni dopo la sua nascita. La morte di
Susanne sembra rappresentare anche l’inizio di una serie di tragedie che
colpiscono la famiglia Müller negli anni successivi.
Solo tre anni dopo,
infatti, nel 1914, muore a causa di un “difetto cardiaco” il padre di Viktor,
di soli 47 anni. Sua moglie Margaretha rimane vedova a 45 anni con i tre figli
che hanno rispettivamente 16 (Viktor), 13 (Ludwig) e 11 (Magdalena) anni. Nel
corso degli anni precedenti, la famiglia si era trasferita più volte in diversi
appartamenti nello stesso quartiere della città, ma alla morte del padre abita
già all’indirizzo scritto sulla cartolina.
Scoppia la Prima Guerra
mondiale e Viktor, che compie 19 anni nel 1917, deve andare al fronte a
combattere. È solo un ragazzo (proprio come Alfonso, che quando viene chiamato
al fronte ha solo 18 anni) e nel breve messaggio indirizzato alla madre, si
legge tra le righe la sua urgente necessità di lasciare quel luogo di
disperazione e di paura e di ritornare a casa in licenza. Infatti, “suggerisce”
alla madre e al fratello di scrivere che uno dei due è malato, per ottenere un
permesso straordinario per tornare a casa. Questa frase, che probabilmente sarebbe
stata un po’ “scomoda” se letta dalla persona sbagliata o da uno dei suoi superiori,
forse è il motivo per il quale la cartolina non viene spedita come tale. Forse
Viktor riesce a mandarla alla madre in una busta, forse era sua intenzione
consegnargliela di persona successivamente. O forse la cartolina non è mai
neppure arrivata all’indirizzo di Graz…
Viktor riesce a sopravvivere
alla Guerra e a tornare a casa. Si sposa pochi anni dopo, nel 1921. Anche sua
moglie si chiama Margaretha e assume lo stesso cognome del marito, come si è
soliti fare in Austria e in Germania. Nel 1925 nascerà il loro primo ed unico figlio,
Karl.
Nel 1922 la famiglia
viene colpita dalla tragedia successiva. Il fratello Ludwig, che ha solo 20
anni, fa l’aiuto barbiere e abita ancora con la madre, muore per un difetto
cardiaco, proprio come era successo a suo padre.
Nel 1947 si trova la
pubblicazione sulla stampa locale dell’annuncio della morte dello stesso Viktor.
Tra i dettagli riguardanti il funerale, si legge che Viktor Müller,
impiegato statale, è deceduto all'età di 49 anni dopo un tragico incidente. Il
triste annuncio viene fatto dalla moglie, anche a nome del figlio, a quel tempo
prigioniero di guerra in Russia. Tra i parenti che lo piangono non viene
nominata la madre. Forse era recentemente deceduta, dato che dagli “Addressenbücher”
di Graz (predecessori dei più moderni elenchi telefonici) relativi agli anni
1938 e 1943-44 risulta che la madre di Viktor abitasse durante la Seconda
Guerra Mondiale ancora allo stesso indirizzo e che quindi fosse ancora viva.
Sulle pagine di cronaca
locale di Graz si trova la descrizione dello sfortunato, tragico incidente che
aveva provocato la morte di Viktor. Lungo una delle strade del centro di Graz
un truffatore veniva scortato da un poliziotto verso il carcere di polizia,
quando il criminale si era improvvisamente liberato, aveva dato uno schiaffo in
faccia all’agente ed era scappato. Il poliziotto l’aveva subito inseguito, gridando
al fuggitivo di fermarsi, mentre questo si allontanava correndo. L’agente aveva
sparato un colpo dalla distanza di circa 150 metri alle gambe del malvivente,
il quale si era gettato a terra per cercare riparo, e il poliziotto era
finalmente riuscito a raggiungerlo e ad arrestarlo. Sfortunatamente, il colpo
che il poliziotto aveva sparato contro il criminale in fuga, aveva malauguratamente
colpito un passante completamente estraneo al fatto. Si trattava proprio di
Viktor, che era seduto su una panchina e che era stato colpito all’addome dal
proiettile vagante. Portato all'ospedale dai soccorritori, era morto poco dopo.
Viktor aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale, riuscendo a tornare a casa
vivo, per venire poi colpito a morte da una pallottola vagante quasi trent’anni
dopo, in periodo di pace, mentre era seduto tranquillo su una panchina della
sua città.
4. PARALLELI
Saltano agli occhi tanti
paralleli tra la vita di Alfonso e quella di Viktor. Quasi coetanei, in quanto nati
a poco più di un anno di distanza, entrambi erano figli primogeniti ed entrambi
avevano un fratello più giovane di pochi anni. Entrambi avevano perso il padre
da ragazzini e questo fatto aveva avuto gravi ripercussioni sulla situazione
economica delle loro famiglie. Sia Viktor che Alfonso erano dovuti andare in
guerra giovanissimi: sulle stesse montagne, anche se su fronti opposti, avevano
contemporaneamente sopportato freddo e paura e visto in faccia la morte. Indipendentemente
l’uno dall’altro, ognuno di loro aveva riempito una delle due facciate opposte
della stessa cartolina: ciascuno a suo modo, ma sempre guidati da devozione e
affetto per una persona, rispettivamente, Padre Ferriello nel caso di Alfonso, e
la propria mamma nel caso di Viktor. Entrambi erano sopravvissuti alla Guerra. Sia
Alfonso che Viktor si erano successivamente sposati ed entrambi avevano avuto
un solo figlio maschio.
La cartolina, arrivata
miracolosamente fino ai giorni nostri, è un simbolo delle vite di quei due
ragazzi, rimasti per sempre giovani sulle due facciate dello stesso pezzo di
cartoncino da disegno. Sono riusciti entrambi a tornare a casa vivi dal fronte,
a rivedere le loro mamme, i loro familiari, i loro amici. E a vivere la loro
vita, lunga o corta che sia stata.
BIBLIOGRAFIA
Argentieri A. (2021) – L’artista
della cartografia geologica: Alfonso Di Pasquale, pittore e disegnatore. In
“Giornate di geologia e storia” (S. Nisio, ed.), Memorie Descrittive della
Carta geologica d’Italia, 108: 163-172.
Masi V. (2013) – Alfonso
Di Pasquale pittore, la vita e le opere. Banca di Credito Cooperativo di
Lavello, 85 pp.
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