di Marco Pantaloni e Fabiana Console
Il 28 dicembre è una data che nella memoria di tutti noi
segna uno degli eventi naturali più catastrofici che abbia mai colpito
l’Italia: il “Terremoto della Calabria meridionale-Messina” o “Terremoto
calabro-siculo”.
Si verificò alle 5.20 del 28 dicembre 1908 e danneggiò
moltissimi centri abitati, oltre le città di Messina e Reggio di Calabria.
Venturino Sabatini, geologo e vulcanologo del R. Ufficio
Geologico, si recò a Messina per conto del suo ufficio pochi giorni dopo
l’evento.
Nel 1911, durante il Congresso della Società Geologica
Italiana che si tenne a Lecco sotto la Presidenza di Mario Cermenati, Sabatini
tenne una conferenza sul terremoto del 1908 nel Teatro della città; la trascrizione integrale della
conferenza è disponibile sul Bollettino della Società Geologica Italiana, vol.
30, 1911, CCXCIX–CCCXXXIX.
Il resoconto viene esposto con toni drammatici, segno di una
intensa partecipazione dello scienziato alla tragedia a cui aveva assistito
qualche anno prima. L’incipit della conferenza è il seguente:
“Chi avesse la fortuna
di non essersi trovato mai presente a grandi disastri e dei grandi disastri
ignorasse la storia potrebbe credere che io abbia caricato le tinte. Ma se saprà
trasportarsi in quei terribili momenti quando dopo uno strappo superante i limiti
di elasticità dei nervi umani questi non vibrano più, quando tutte le facoltà
sono sconvolte, quando un onesto può divenire un disonesto e un mite può trasformarsi
in un feroce, intenderà che i criterii de la vita d'ogni giorno non sono più applicabili”.
Chiudiamo con la nota di chiusura della Conferenza, pronunciata da Sabatini. Rientrando nel suo alloggio a Messina, costituito dalla motonave Savoia, Sabatini riferisce:
A la fioca luce de la
vicina lampada riconobbi un volto giovane, ma imbellettato, da l'aria provocante
e dal sorriso sardonico.
- Dove ho mai visto
costei? mi chiesi. E lei beffardamente:
- Arrivi tardi, mi
disse, il pranzo volge a la fine. Vieni a prendere un bicchiere di Champagne.
E siccome la guardavo
interrogandola:
- Chi sono? mi rispose.
Sono la Signora ... Vita. Mi riconosci?
- Ora sì. Da quindici
giorni i giornalisti ragunati quassù non parlano che di te e sperticano le tue
lodi. Diogene cercava l'uomo. Costoro, fra tanta penuria, hanno trovato la
donna.
Solo non sapevo che te ne stessi al riparo su queste navi.
Ti credevo su le macerie ... o almeno
sotto.
Ella ebbe un brivido, e
afferrandomi il braccio:
- Ho freddo, mi disse.
Entriamo.
Entrammo, ma abbagliato
da la luce sfolgorante de le lampade elettriche, stordito dal clamore con cui
duecento persone chiudevano il pranzo, nauseato da gli odori acuti de la grande
copia di vivande, rivolsi per un istante il capo a l'indietro, e, ne la notte
nera, piovosa, vidi distintamente su le banchine affondate un popolo di morti,
co' poveri piedi bagnati dal mare, con le povere spalle bagnate da la pioggia,
con la bocca contratta in una smorfia feroce, tendere le braccia scarnite verso
di noi che non ci preoccupammo di evitare il disastro e - in quell'ora - lanciarci
un'ultima maledizione!”
Per saperne di più
Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. 30, 1911, CCXCIX–CCCXXXIX
Marco Pantaloni (2017) - Sabatini, Venturino. Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 89.
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