di Fabiana Console
Capita, affrontando la lettura della letteratura di
fine ‘800, o ancor prima, di imbattersi in termini ormai desueti, in disuso o
completamente abbandonati.
La lingua italiana e i vocaboli delle geoscienze
non si sottraggono a questa regola; l’italiano è una lingua in continua
evoluzione, in cui ci sono parole che scompaiono lasciando il posto a
parole nuove.
Chi decide e quali sono gli eventi contingenti per
cui ciò accade è spesso sconosciuto ai più.
Curioso e fortuito è imbattersi però in manoscritti
che certificano un cambio di rotta di una intera comunità scientifica come
quella dei geologi con una data ed una motivazione ben precisa.
Nell’organizzare il Secondo Congresso Internazionale
di Geologia a Bologna nel 1881, Felice Giordano stabilì tre obiettivi
prioritari per poter presentare la prima carta geologica d’Italia alla scala di
1:1.000.000: uniformare la scala cromatica dei colori, uniformare la serie dei
terreni e, non ultima, uniformare le regole nomenclaturali (Vai, 2004).
Nell’Archivio del Servizio Geologico d’Italia,
conservato presso la Biblioteca dell’ISPRA, un fascicolo contenuto nel Faldone
del 1880 è dedicato proprio al Glossario da uniformare.
Tra i tantissimi termini da scegliere, eliminare o
modificare per poter tradurre correttamente dalla terminologia straniera, si
ragionò molto sulla parola Schisto, e derivati.
L’etimologia del termine deriva dal greco "σχιστός - schistós"
(fisso, scisso; σχίζω come verbo scindere), in riferimento alla modalità di
fratturazione degli scisti lungo i
piani di foliazione.
Nei primi dizionari di storia naturale, il
significato dato al termine è “Rocce divise in grandi fogliette
parallele fra loro ed al piano degli strati principali”.
Arduino nel 1772 fu uno dei primi autori a
definirne le caratteristiche chimico-fisiche nel suo “Saggio mineralogico di lithogonia
e orognosia” e a sostenere l’idea dello schisto
primitivo (Vaccari, 1996). Con questo termine Arduino intendeva,
già nel 1761 (sensu Agricola, 5;
Plinius 36,20), il significato di Lapis
fictilis, tradotto infatti in lingua tedesca schifer (prima traduzione in tedesco del “De Re Metallica” nel 1557,
anno successivo all’edizione in latino di Agricola)
Nel 1813 nel “Catalogo
di una collezione di minerali disposta secondo il sistema del celebre Werner ed
acquistata per uso de' licei del Regno d'Italia a Freyberg dalla Direzione
Generale di Pubblica Istruzione”, alla quale in quel periodo stava “a
cuore che possibilmente bene
imbevuti de' primi rudimenti di mineralogia passino gli studiosi giovani alle Università
del Regno”, fu tradotto dal tedesco l’elenco completo di “462 esemplari mineralogici destinati ai
licei del napoleonico Regno d'Italia”. Tra questi si annoverano 15 campioni
tradotti con il termine schisto (es. schisto marno-bituminoso, schisto tripoliano,
schisto vischioso, schisto Alluminoso, schisto Risplendente, ecc.)
Solo per
citare un padre della geologia in Italia, l’abate Antonio Stoppani, autore del “Il Bel Paese”, nel suo
Corso annuale di geologia agli allievi ingegneri di Milano riporta la seguente
definizione di schistosità
come l’“effetto della compressione
esercitata sugli strati normalmente o obliquamente al piano degli strati
medesimi […] è l’effetto di una laminatura prodotta dall’effetto delle masse
sovrapposte o dalle oscillazioni del globo” (Stoppani, 1870).
A onor del
vero non si può non citare Leonardo Porta che, nel lontano 1857, nel suo volume
“L'astronomia e la geologia per
l'intelligenza di ogni ordine di persone“, utilizzava già i termini scisto
e micascisto, completamente controcorrente rispetto ai suoi coevi colleghi.
La lettera di cui parliamo, anonima, fu indirizzata a Felice Giordano, e conteneva un “suggerimento”, successivamente accolto, sulla necessità
di abbandonare il termine schisto a favore del termine scisto.
“In Italia
alcuni dei geologi scrivono scisto, scistoso, altri schisto, schistoso, come
anche per conseguenza alcuni scrivono micascisto, talcoscisto e altri
micaschisto, talcoschisto.
Però si usano
da tutti ad un suono dolce il verbo e derivati, cioè scindere, scisso,
scissile, scindula, scissura.
Il suono duro
schisto usato da alcuni è una derivazione dell’antico greco skizos, come dovea
essere derivato il latino schistum. È però da notare che se i latini aveano
conservato il suono duro pel sostantivo schistum, vocabolo che ben di rado
dovea usarsi, avevano però addolciti il verbo e derivati, scindere, scissum,
scissilis, scindula, scissura.
Ora perché
mai l’idioma italiano che è dolce soprattutto dovrebbe, per amore eccessivo di
antiquarismo, conservare quel durissimo suono antinaturale di schisto, con
micaschisto, talcoschisto? Tutti i popoli moderni, compreso il greco, usano
oggidì addolcito anche il sostantivo scisto. Li spagnuoli non hanno tale
vocabolo che traducono con pizzarra (lavagna), ma i portoghesi hanno schisto
dolce, i francesi schiste pur dolce; gli inglesi schist ed infine i tedeschi
schieper dolce. E sì che nella lingua tedesca non mancano le durezze e le K,
tuttavia schisto vi è addolcito. Non havvi ragione perché l’italiano non faccia
progredire la sua pronuncia, come già fecero tutti li altri popoli e abbandoni
dei suoni tartarici, come quelli di schisto, micaschisto, talcoschisto.
Fatto è che
molti dotti stranieri nell’udire simile modo di pronunciare in Italia esprimono
la loro meraviglia e disapprovazione”.
Dal 1881 una quasi maggioranza di scienziati non
usò più il termine “tartarico” schisto ma scisto (ed i suoi derivati), ma come
tutte le regole che si rispettino ci sono sempre le eccezioni (Desole, 1962).
Un eccezione poetica è invece quella del 1910 per
mano di Gabriele D’Annunzio:
“tanto rilucevano gli schisto che parevano quasi crepitare
come le stoppie in fiamme”.
Riferimenti bibliografici:
- Desole L. (1962) - Monte Linas nuovo anello di congiunzione nell'areale della Scilla obtusifolia Poir. Giornale botanico italiano, 69.
- D’Annunzio G. (1910) - Forse che si forse che no. Presso i Fratelli Treves, Milano.
- Vaccari E. (1993) – Giovanni Arduino (1714-1795): il contributo di uno scienziato veneto al dibattito settecentesco sulle scienze della terra. Olschki ed.
- Vai G.B. (2004) - The Second International Geological Congress, Bologna, 1881. Episodes Vol. 27, no. 1.
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