giovedì 24 agosto 2017

Geologia e antropizzazione delle grotte di Domusnovas

di Paolo Perini

Le grotte di San Giovanni, site nel comune di Domusnovas (provincia del Sud Sardegna), costituiscono un complesso caso di interazione tra geologia, fenomeni carsici ed attività antropica. Nelle sue vicinanze sono presenti tracce di insediamenti neolitici e strutture nuragiche ben conservate (Sa domu ‘e s’orcu). Infatti, secondo quanto riportato nella planimetria pubblicata da Testa nel 1922 (fig. 1), nella grotta erano presenti manufatti megalitici in blocchi di quarzo, rovine ed una piccola cappella dedicata a San Giovanni; riporta inoltre che Lamarmora nella sua descrizione del 1857, riferiva di mura che chiudevano gli ingressi nord e sud della caverna. Quando nel XIX secolo venne realizzata la strada nella grotta per facilitare il trasporto dei materiali con la più settentrionale area mineraria di Oridda vennero distrutti diversi elementi sia naturali che antropici: la cappella venne ricostruita all’esterno dell’ingresso sud e alcune concrezioni andarono perdute. Di fatto divennero le uniche grotte naturali in Italia che, per un lungo periodo di tempo, sono state percorribili in auto. Successivamente sono state riconosciute monumento naturale e, sottoposte a vincolo istituito ai sensi della L.R. n. 31/1989 con determinazione D.G. n. 2777/1999 dell'Assessorato alla difesa dell'ambiente della Regione Autonoma della Sardegna, sono state chiuse al traffico ed il percorso stradale riattrezzato per essere percorso solo tramite “mobilità naturale” (percorso pedonale e ciclabile).


Figura 1 – In alto: planimetria della grotta pubblicata da Testa nel 1922.
In basso: l’ingresso meridionale della grotta come si presentava a Maxia nel 1941.
L’area di Domusnovas, esplorata più per l’estrazione dei metalli praticata sin dall’antichità, comincia a destare l’interesse dei geologi nella prime decadi del 1900. Una prima sintesi cartografica (fig. 2) la si deve a Carmelo Maxia (1941, cum bibl.), che si interessò dapprima ad alcuni aspetti legati alla deposizione del cono di deiezione di Domusnovas per poi descrivere l’assetto e l’evoluzione geologica della zona che si estende fino a Vallermosa, effettuata nell’ambito dei lavori di rilevamento geologico del foglio Guspini in scala 1:100.000. La grotta di San Giovanni attraversa i calcari cerulei del Cambriano, interessati da filoni di quarzo messi in posto in seguito all’intrusione granitica ercinica, da cui sono stati estratti i materiali per la costruzione delle strutture megalitiche.


Figura 2 – Stralcio della carta geologica del territorio di Domusnovas (Maxia, 1941).

L’interpretazione attuale dell’assetto geologico del settore, maggiormente complicato dalla tettonica, è sintetizzato in figura 3; le grotte interessano la Formazione di Gonnesa (GNN2) “Metallifero” Auct p.p. del Cambriano Inf. (Stage 4), interessata da una piega con asse orientato est-ovest.

Fig. 3 – Stralcio della carta geologica CARG n° 555 Iglesias in scala 1:50.000
(http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/555_IGLESIAS/Foglio.html).

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mercoledì 23 agosto 2017

Su Tempiesu, ovvero il culto nuragico delle acque

di Marco Pantaloni

Isolata nel territorio di Orune, in provincia di Nuoro, si trova la fonte sacra di età nuragica di Su Tempiesu.


Scoperta nel 1953 in località Sa Costa 'e Sa Binza dai proprietari del fondo, che videro affiorare alcuni blocchi squadrati in pietra basaltica, del tutto estranei quindi alle litologie affioranti nell'area, costituite da metarenarie e filladi.
Grazie alla conoscenza 'geologica' dei signori Sanna, i proprietari del fondo, fu possibile portare alla luce uno dei monumenti più rappresentativi della Sardegna nuragica: la fonte di Su Tempiesu, dedicata al culto della acque, uno degli esempi più raffinati di architettura religiosa nuragica.
Suggestiva l'idea che un piccolo rivolo d'acqua, nella cultura moderna spesso ignorato, abbia rappresentato per migliaia di anni un luogo di incontro sociale pieno di significato mistico.


La visita al sito di Su Tempiesu è garantita dalla ottima accoglienza della cooperativa L.A.R.Co.


Il sito conserva pienamente gli aspetti religioso-culturali dell'antica civiltà nuragica così come, per i geologi, gli aspetti geologico-morfologici dell'area.
Indimenticabile è l'avvicinamento al sito di Sa Costa 'e Sa Binza, partendo dalla statale 131 e passando per il paese di Orune.


Su Gorropu

di Marco Pantaloni

La gola di Gorropu, ubicata nel Supramonte in Sardegna, segna il confine naturale tra i due comuni di Orgosolo e Urzulei. Il profondo canyon parte dalla punta Cucutos, a quota 888 m, e sprofonda per circa 500 m; il fondo del canyon raggiunge, in alcuni punti, la larghezza di soli 4-5 m. In lingua sarda gorropu, o garroppu, significa burrone, versante scosceso.


Le caratteristiche morfologiche della gola di Gorropu la rendono unica nel suo genere in Europa e nel mondo; oltre che un meraviglioso sito geologico, rappresenta uno scrigno per gli aspetti biologici e naturalistici. L’habitat della gola è caratterizzato da forti correnti d’aria e da zone poco o nulla esposte all’insolazione solare, che causano quindi estremi sbalzi termici. Ciò causa quindi la presenza di particolari endemismi quali, ad esempio, la presenza dell’Aquilegia di Gorropu, o Aquilegia nuragica, che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha inserito fra i primi a rischio di estinzione nel Mediterraneo.
La gola di Gorropu è stata formata dal rio Flumineddu che ha eroso la successione carbonatica del Dogger che costituisce l’ossatura dei rilievi calcarei della Sardegna orientale, e quindi del Supramonte. Nella Sardegna orientale vengono distinti tre cicli sedimentari trasgressivo-regressivi limitati da discontinuità: il primo (Bathoniano – Calloviano inferiore) di facies di piattaforma estesa con barre oolitiche; il secondo (Oxfordiano – Kimmeridgiano sup.) con piccole scogliere circondate da depositi oolitici e bioclastici; il terzo (Portlandiano – Berriasiano) di ambiente di retroscogliera, con tappeti algali e stromatoliti.
Le acque piovane che scendono dai contrafforti del Gennargentu si concentrano nel rio Flumineddu, erodendo, dissolvendo e levigando la roccia carbonatica, creando le gole e numerose cavità sotterranee. In fase di piena le acque scorrono in superficie con un frastuono assordante; in periodo di magra scorrono sul greto o si infiltrano in profondità, riemergendo a valle della gola quando l’unità carbonatica poggia sugli scisti paleozoici.
Su Gorropu rappresenta uno dei più importanti monumenti geologici e paesaggistici della Sardegna e, nello stesso tempo, storico-culturale. In passato il canyon ha ricoperto funzioni strategiche e difensive. Nella cultura locale, nella gola dimorano Sa mama de Gorropu (la madre di Gorropu) e Sos Drullios, creature malvagie che escono dalle grotte e rapiscono animali e uomini del Supramonte.
Leggende affermano poi che, in un punto preciso della gola, a causa delle condizioni di oscurità, sia possibile vedere le stelle anche di giorno. Quest’ultima affermazione può essere verificata percorrendo personalmente le splendide gole: l’accesso alle gole si può effettuare da vari punti. Dalla cantoniera di Genna Sìlana, al km 183 della strada statale 125, un sentiero scende con un dislivello di circa 750 metri fino al corso del Flumineddu; altri accessi sono possibili, partendo da Dorgali e percorrendo la vallata di Oddoene,con una adeguata attrezzatura, percorrendo il sentiero Sedda ar Baccas. Questo sentiero si sviluppa per 12 chilometri, con un dislivello di 200 metri; il tempo di percorrenza è di tre ore.





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lunedì 7 agosto 2017

La Madonna dell’Olio di Blufi (Palermo)

di Marco Pantaloni

Molti sono i luoghi che, in Italia, richiamano alla mente temi geologico-naturalistici; in particolare, molto diffuso è l’uso del termine “olio” nella toponomastica o nella dedica a divinità.
In passato ci siamo occupati della Fons Olei presente all’interno della Basilica di Santa Maria in Trastevere (http://www.geoitaliani.it/2013/06/38-ac-il-petrolio-roma.html).

Oggi, invece, cerchiamo di capire l’origine del nome del “Santuario della Madonna dell'Olio”. Questo luogo sacro sorge in campagna a circa 660 m di quota, nel territorio del Comune di Blufi, in provincia di Palermo.
Fino al 1972, quando Blufi divenne comune autonomo, il Santuario ricadeva nel territorio del Comune di Petralia Sottana, antichissima cittadina delle Madonie. Il Santuario dista 2 km dal centro abitato di Blufi, 12 km da Petralia, e 115 km da Palermo.
In questa località fin dall'epoca medievale è testimoniata l’esistenza di una piccola chiesa. Le pietre d'altare sembra risalgano al sec. XII, mentre la campana porta la data del 1135.
La denominazione "Madonna dell'Olio" sembra derivare da una vicina sorgente di olio minerale, utilizzato “da sempre” come rimedio per malattie cutanee, anche se non si esclude una più “banale” derivazione dalla presenza di uliveti, già in tempi antichi.

In realtà, a poche centinaia di metri dal luogo sacro, è ubicata una sorgente, scavata nella roccia, di olio minerale. Già Aristotele nel suo “Metereologicorum” parla di una sorgente di liquido salato e acidulo che "Est quaedam, dicunt, aqua in Sicilia Sicanico agro; ibi nempe liquor salsi acidique saporis gignitur, quo ut aceto in quidusdam epularum generibus utuntur". Dubbi rimangono ancora oggi sulla reale posizione di questa emergenza oleosa descritta da Aristotele.

L'olio che fuoriesce da questa emergenza, chiamato "Olio della Madonna", è usato come rimedio per alcune malattie della pelle e come vermifugo.



Nel volume “Manifestazioni e prospettive petrolifere dell’Italia alla luce degli accertamenti dell’ultimo trentennio”, pubblicato col “cortese concorso della Presidenza dell’Azienda Generale Italiana Petroli – AGIP nel 1940, l’Autore Stanislao Zuber descrive la sorgente d’olio di Petralia Sottana:
Petralia Sottana. Sorgente di acqua con abbondante stillicidio di olio che galleggia sull’acqua. Impregnazioni a venette del Flysch brecciato di aspetto scaglioso. Accanto alla sorgente, nota da secoli, trovasi una chiesetta della Madonna dell’Olio, eretta nel Seicento.
La chiesa della Madonna dell’Olio a Petralia Sottana. La chiesetta è stata costruita nel Seicento accanto ad una nota sorgente di petrolio, usato da secoli a scopi curativi, in onore della Santa Patrona delle forze della Natura. Le preghiere del luogo invocano infatti la Madonna quale donatrice dell’olio medicamentoso e delle grazie. Questo culto, unico nel suo genere, si nota pure a Bivona, dove fu eretta un’altra chiesa, anch’essa in onore della Madonna dell’Olio
(tratto da Zuber, 1940)

L'esterno della chiesa della Madonna dell’Olio a Petralia Sottana.
 Nello stesso libro, decisamente originale e molto interessante, Zuber descrive anche la sorgente d’olio di Bivona:
Bivona – “Madonna dell’Olio”. Abbondanti stillicidi si trovano al contatto del Flysch paleogenico a struttura caotica con il Miocene sovrastante. Tipo delle manifestazioni caotico e cioè senza una bene espressa distribuzione stratigrafica.
Per saperne di più:

  • Zuber Stanislao (1940) - Manifestazioni e prospettive petrolifere dell'Italia alla luce degli accertamenti dell'ultimo trentennio. Roma : Italgraf. (disponibile presso la biblioteca ISPRA)
  • Madonna dell’olio. http://web.tiscali.it/Blufi/molio/molio.htm