mercoledì 18 maggio 2016

La Gioconda: tecnica artistica e approccio geologico

di Manuel Curzi

La Gioconda è probabilmente il quadro a cui è stato dedicato il più alto numero di studi per gli innumerevoli aspetti riguardati la famosa opera di Leonardo Da Vinci: le tecniche di pittura, la scelta dei colori, il paesaggio, il sorriso, la posa e l’identità stessa del soggetto (Fig. 1).


Fig 1: La Gioconda

Dietro la figura v’è uno strano paesaggio, infinitamente profondo, fatto di rocce corrose e sfaldate tra corsi d’acqua, con un’atmosfera satura di vapori in cui s’infrange e filtra la luce. È l’immagine della “natura naturans”, del farsi e disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido al liquido, all’atmosferico.” 


(Argan G. C., 1974 ). 
Secondo il professore Carlo Pedretti, tra i massimi studiosi ed esperti italiani di Leonardo da Vinci, il quadro sarebbe stato realizzato a più riprese: iniziato in Toscana, Leonardo lo avrebbe infatti portato con sé fino in Francia, dove oggi è conservato. In sostanza la Gioconda rappresenterebbe il diario personale di Leonardo a cui l’artista, di tanto in tanto, metteva mano modificando e plasmando di continuo gli oggetti raffigurati. Per questo motivo la Monna Lisa viene considerata un po’ come un vero libro aperto sulla vita del grande genio italiano, da cui attingere informazioni riguardo la continua crescita artistica e tecnico-scientifica di Leonardo nel tempo.
L’analisi del dipinto, conservato al Museo del Louvre di Parigi, non si limita all’enigmatico sorriso e alla figura emblematica della Monna Lisa; infatti anche il panorama sullo sfondo è da lungo tempo oggetto d’interesse da parte di storici e critici d’arte. Infatti, seppure risulti grosso modo chiaro il contesto geografico della Gioconda, non si è ancora arrivati a un comune e definitivo accordo sulla sua precisa localizzazione.
Attualmente esistono teorie contrastanti riguardo la posizione geografica del paesaggio del dipinto. Secondo molti esperti rappresenterebbe il paesaggio aretino, in Toscana, nella zona dove l’Arno riceve le acque della Val di Chiana. Un indizio preciso a tale proposito sarebbe il ponte basso a più arcate, struttura identica al Ponte di Buriano costruito in provincia di Arezzo a metà del 1200, al di sopra del quale passa l’antica via consolare Cassia Vetus (strada che collega Roma, Chiusi, Arezzo e Firenze).
Secondo altri studiosi (la cui interpretazione è ancora una volta legata al ponte alla destra della Monna Lisa), il luogo corrispondente sarebbe Piacenza, lì dove il Ponte Gobbo attraversa il fiume Trebbia (Fig. 2; per approfondire: Glori e Cappello, 2011). Nonostante le diverse e contrastanti interpretazioni, la tesi secondo la quale il paesaggio raffigurato corrisponde alla zona Toscana è stata confermata dal Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali, guidata dal presidente Silvano Vinceti.


Figura 2: Dettaglio del ponte alle spalle della Monna Lisa.
A: Ponte Buriano, in Toscana.
B: Ponte Gobbo, Bobbio, in provincia di Piacenza.
Leonardo conosceva bene quest’area come testimonia una sua mappa autografa che descrive mirabilmente il bacino idrico della Val di Chiana. Nel disegno, attualmente custodito nella collezione inglese a Windsor, s’intravedono tutti gli elementi riconducibili al settore della Toscana precedentemente descritto (Fig.3).
Dagli studi di Joliveau (2010) e Pezzutto (2012), emerge che l’immagine su un lato del dipinto sembra trovare una continuità sul lato opposto. Giustapponendo e allineando le due porzioni del quadro, si può riscostruire uno sfondo completo apprezzandone la continuità (Fig. 4). Inoltre, grazie alla tecnica della prospettiva aerea, pensata e adottata per la prima volta da Leonardo (tecnica che permette di rappresentare oggetti in prospettiva giocando con i colori e le sfumature) il paesaggio della Gioconda è stato reso dall’artista in modo da suggerire una mappa in rilievo (Mottin, 2006; Pezzutto, 2012).


Figura 3: Val di Chiana, disegno autografo di Leonardo da Vinci (Windsor, Collezione Reale). (Da Scala / Art Resource, NY). Il riquadro nero rappresenta l’ingrandimento della porzione nella quale sono state evidenziate le analogie con il panorama alle spalle della Gioconda. Tramite il gioco del chiaro-scuro e grazie all’uso delle sfumature, Leonardo è riuscito a rappresentare le proporzioni e le altezze naturali sulla carta. Per mezzo dello stesso lavoro sui toni e sulle intensità dei colori (tecnica aerea), l’artista ha dato enfasi nei propri dipinti alla perdita di nitidezza che l’atmosfera provoca agli oggetti in lontananza.
Come descritto in Pezzutto (2012), lo sfondo della Gioconda sarebbe deficitario di profondità ma soprattutto mancherebbe la corrispondenza di una veduta da un unico punto di osservazione. Infatti non esiste un luogo da cui un osservatore possa vedere contemporaneamente le pendici del Pratomagno, il Ponte Buriano, la confluenza dei corsi d’acqua, la dorsale collinare tra Arezzo e la Val di Chiana e la lontana superficie elevata del Lago Trasimeno così come rappresentato nel dipinto. Da ciò emerge che Leonardo, per creare il paesaggio della Gioconda, sembra aver assemblato una serie di immagini con vista aerea, prese da diversi punti d’osservazione, mettendole in sequenza (Pezzutto, 2012): esattamente il modo in cui aveva impostato il suo lavoro cartografico della Val di Chiana.


Figura 4: Paesaggio della Gioconda ricostruito. L’immagine su un lato del dipinto continua su quello opposto. Confrontare le caratteristiche lungo la cucitura delle metà del quadro giustapposte con quelle lungo la linea sulla mappa riposizionata. Cerchio rosso: Ponte Buriano. Cerchio giallo: confluenza dei corsi d’acqua. Cerchio verde: dorsale collinare tra Arezzo e la Val di Chiana. Questo puzzle rivela la soluzione e suggerisce la direzione di osservazione da parte di Leonardo (dal basso verso l’altro rispetto alla mappa). (Modificato da Pezzutto D., 2012).

Lo studio e la modellazione 3D descritta da Pezzutto (2012), rappresenta il tentativo di una ricostruzione panoramica del paesaggio in questione. Grazie a un complesso software, paragonabile a Google Earth 3D, l’autore ha simulato un’osservazione da un cavalcavia virtuale, adottando la tecnica di Leonardo del sequenziamento di una serie di vedute aeree per la produzione di un disegno cartografico o di un paesaggio dipinto (Fig 5, A-B). L’effetto risultante è stato un miglioramento della rappresentazione della profondità, elemento che come detto sembra manchi nella Gioconda.


Figura 5. A: Paesaggio da quattro diversi punti di vista lungo la Val di Chiana. 1: Castiglione del Lago. 2: Lago Trasimeno. 3: Chiana (attualmente pianura, era un lago al tempo di Leonardo). 4: Dorsali di colline. 5: Fiume Chiana. 6: Confluenza dei fiumi. 7: Fiume Arno. 8: Ponte Buriano. 9: Via Setteponti. 10: Incisione della dorsale collinare. 11: Collina di Cortona.
B: Schema che illustra le corrispondenze tra il paesaggio ricostruito e la mappa di Leonardo. 1: Pratomagno. 2: Arno. 3: confluenza dei fiumi. 4: Fiume Chiana. 5: Ponte Buriano. 6: Crinale delle colline. 7: Strada Setteponti. 8: Incisione della cresta del crinale. 9: Colle vicino Siena. 10: Lago di Chiana. 11: Colline cortonesi. 12: Lago Trasimeno. 13: Castiglione del Lago. 14: Isola nel Trasimeno. 15 Montagne oltre il lago. (Modificato da Pezzutto D., 2012).
Sono state riscontrate altre analogie tra il paesaggio del dipinto e quello del disegno di Windsor, tutte avvaloranti la tesi della posizione geografica in Toscana. Poco distante dal Ponte di Buriano, infatti, l’Arno riceve le acque del canale della Chiana. Risalendo questo canale verso monte si arriva, dopo una serie di meandri, nella Valle dell’Inferno. Questo assetto gemorfologico sarebbe quello rappresentato alla sinistra della Monna Lisa, cioè un corso d’acqua a meandri che s’infila in una stretta gola.
I rilievi alla sinistra della Monna Lisa risultano articolati, aguzzi e fortemente incisi dall’erosione. Infatti, continuando oltre il ponte lungo l’antica Via Cassia, si trova esattamente un’area con guglie e calanchi. In altre opere dell’artista, come la Madonna dei Fusi, Sant’Anna e la Vergine delle Rocce, sono rappresentate questi tipi di morfologie per i depositi affioranti, a cui Leonardo ha dedicato un’ampia trattazione circa la loro genesi per il dilavamento e degradazione meteorica (da ricordare la sua attenzione al tema dell’acqua e della sua forza naturale e idraulica, Baratta M., 1903; De Lorenzo G., 1920; Vai G.B., 1995; Vai G.B., 2003). Nonostante le diverse teorie e i misteri che le opere di Leonardo portano con sé, è comunque certo che il genio avesse una notevole conoscenza della zona aretina e che il suo impegno cartografico, così come la maggior parte delle indagini affrontate nella sua vita, sia stato condotto ancora una volta come estensione e risultante naturale dei suoi studi. Tutto questo con il fine di migliorare anche le proprie rappresentazioni artistiche.
L’artista-scienziato, partendo dai propri studi cartografici preliminari (basandosi cioè sulla sua stessa mappa precedentemente descritta), ha adottato uno trai i principali strumenti di base delle Scienze della Terra, così da poter definire Leonardo da Vinci, ancor prima di artista, grande e attento geologo e osservatore delle forme della natura. Per la prima carta geologica in assoluto, bisognerà aspettare il lavoro del Conte Luigi Ferdinando Marsili, fondatore nel 1711 dell’Accademia delle Scienze di Bologna, nonché autore della carta delle miniere di zolfo di Cesena, nella quale sono delimitate le corrispondenti unità litostratigrafiche (Romano et al., 2016).
Come accennato brevemente sopra, secondo la teoria confermata dal Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali, la zona geografica dipinta alle spalle della Gioconda, corrisponderebbe al settore compreso tra Firenze e Arezzo, dove s’incontrano la Val di Chiana e il Valdarno Superiore: una conca delimitata a NE dal massiccio del Pratomagno e a SW dai Monti del Chianti. Il Valdarno Superiore è attraversato dal fiume Arno che entra in una gola, oggi occupata da due bacini artificiali e caratterizzata da fianchi acclivi e fortemente incisi dall’erosione. L’ingresso della forra corrisponde alla Valle dell’Inferno, l’uscita corrisponde alla Stretta dell'Incisa. Lungo le alte pendici del Pratomagno il Valdarno Superiore è caratterizzato da fenomeni di erosione di terreni argillosi e sabbiosi affioranti ai piedi della stessa dorsale: rappresenterebbero proprio le zone fortemente erose, studiate e rappresentate da Leonardo da Vinci nella Gioconda e in altri suoi quadri (Vergine delle Rocce, Sant’Anna, Madonna dei Fusi) (Fig. 6).


Fig 6: Disegno su carta di Leonardo da Vinci. Studio di variazione litologica verticale delle rocce del Valdarno. (Windsor) (Pagliai Polistampa, 2001). Sembra uno schizzo di un geologo del ‘900 (particolarmente bravo nel disegno) sul proprio taccuino di campagna. In realtà è lo studio del genio in cerca della perfezione figurativa.
Le osservazioni e le intuizioni di Leonardo, giunte fino a noi grazie ai suoi grandiosi disegni e manoscritti, evidenziano la stretta relazione tra la litologia e la morfologia di un corpo roccioso. Per avere un quadro completo della grande varietà delle forme del paesaggio, presenti nel presunto panorama toscano alle spalle della Monna Lisa, bisogna comprendere quella che è stata l’evoluzione geologica dell’area. I terreni che affiorano in questo settore dell’Appennino a cavallo tra la Val di Chiana e la Valdarno Superiore (dove s’incontrano il Canale Maestro della Chiana e il Fiume Arno), hanno età che vanno dall’Oligocene al Pleistocene, presentano differenti caratteristiche petrografiche e sono legati alla strutturazione della catena appenninica. L’inizio della deposizione detritica cenozoica, infatti, coincide con l’inizio delle fasi tettoniche compressive. In questo momento si ha deposizione di sedimenti torbiditici arenacei e arenacei-marnosi del sistema catena-avanfossa. Successivamente alla tettonica compressiva miocenica, inizia una fase distensiva che determina una serie di depressioni tettoniche. Queste ultime, nelle aree maggiormente ribassate, diventano sede di estesi ambienti lacustri (Fig. 7). Il bacino del Valdarno si è sviluppato esattamente in quest’ultima fase, durante la quale hanno avuto luogo l’apertura della porzione settentrionale del Mar Tirreno e la frammentazione dell’Appennino in Horts e Graben.
Sulla base dell’evoluzione del sistema deposizione e della conseguente variazione petro-mineralogica dei depositi, l’evoluzione plio-pleistocenica di questo bacino orientato NW-SE, si può suddividere in tre fasi principali (Billi et al., 1991). Nella prima (Pliocene medio), si ha la formazione di piccoli bacini fluvio-lacustri all’interno del graben, con deposizione di materiali clastici da grossolani a fini e intercalazioni di ligniti nelle facies marginali (Gruppo Castelnuovo).


Fig 7: Distribuzione dei principali Bacini Neogenici e quaternari dell’Appennino Settentrionale
(da Società Geologica d’Italia, 1990).
Nel secondo stadio, il bacino ha subito dapprima un tilting verso NE, con la genesi di un lago effimero caratterizzato da sedimentazione di depositi lacustri fangosi, con subordinata sabbia, e sottili lenti di materia organica (Gruppo Montevarchi). Un successivo sollevamento tettonico, accompagnato da elevato apporto sedimentario clastico, ha portato al prosciugamento del lago.
La terza ed ultima fase è consistita nella sedimentazione di depositi grossolani del sistema fluviale sinuoso del paleo-Arno (Gruppo Monticello). I depositi di queste ultime due fasi sono generalmente orizzontali.
Durante l’evoluzione del bacino, le condizioni lungo i margini erano adatte per la formazione di delta e conoidi alluvionali (Delta di Pratomagno) che segnano la transizione tra i depositi lacustri della seconda fase, e quelli fluviali della terza (Fig. 8). In base all’assetto geologico dell’area, a cui sono legate le ampie e articolate forme del paesaggio naturale, risulta una forte corrispondenza con il presunto panorama aretino maestosamente riprodotto dalla mano dell’artista nel dipinto ‘La Gioconda’.
In grandi linee, l’ampio range litologico delle rocce clastiche cenozoiche affioranti alle spalle della Monna Lisa, varia da argille a marne e sabbie più o meno grossolane e variamente cementate. Questo si traduce in diverse erodibilità e resistenza differenziale alla degradazione meteorica e si rispecchia chiaramente nella varietà delle forme geomorfologiche rappresentate nel dipinto di Leonardo. Il paesaggio, decisamente articolato e raffigurato nel dipinto, varia infatti dalle forme pianeggianti dei depositi alluvionali, a quelle aguzze e fortemente incise della gola formata dai depositi arenacei cementati, tra i quali scorre il fiume Arno.


Fig 8: Rappresentazione dei depositi fluvio-lacustri del Bacino di Valdarno. 1) Alluvioni (Olocene); 2) Depositi fluviali del Gruppo di Monticello (Pleistocene medio); 3) Conoidi di Pratomagno (Pleistocene inf-med.); 4) Depositi lacustri del Gruppo di Montevarchi (Pleistocene inf.); 5) Depositi fluvio-lacustri del Gruppo di Castelnuovo (Pleistocene Medio); 6) Bedrock. Nel profilo sono rappresentate le relazioni tra unità stratigrafiche. (Da P. Billi et al.,  1991).
Lo stretto legame tra la litologia e la conseguente varietà delle forme del paesaggio naturale che ne deriva, rappresenta attualmente una nozione intuitiva e data per scontata. Ma circa sei secoli fa, Leonardo, mediante la propria osservazione, i propri disegni, i propri studi e il proprio talento, ha dettato pionieristicamente in chiave artistica alcuni processi e prodotti che oggi non esitiamo a definirli geologici sensu stricto. 


Riferimenti bibliografici

  • Argan G. C. 1974. Storia dell’arte italiana. Volume terzo, Firenze, G. C. Sansoni S.P.A.
  • Baratta M., 1903. Leonardo da Vinci ed i problemi della terra. Fratelli Bocca Editori. Torino.
  • Billi P., Magi M., and Sagri M. 1991. Pleistocene lacustrine fan delta deposits of the Valdarno Basin, Italy. Journal of Sedimentary Research. 61.2
  • De Lorenzo, G. 1920. Leonardo da Vinci e la geologia (Vol. 3). N. Zanichelli.
  • Glori C., Cappello U. 2011. Enigma Leonardo. Decifrazione e scoperte. La ricerca. La Gioconda. In memoria di Bianca. Ginevra Benci: il cartiglio decifrato. La ricerca in immagini, Cappello Edizioni.
  • Joliveau T. 2010. “The Amazing Secret Map of Mona Lisa / L’étonnant secret cartographique de la Joconde.
  • Starnazzi C. 2001. Leonardo e dintorni: il maestro, le botteghe, il territorio. Catalogo a cura di Starnazzi C. con i contributi di Carlo Pedretti e Rocco Sinisgalli). Firenze, Pagliai Polistampa.
  • Mottin B. 2006. “Reading the Image” in Mona Lisa: Inside the Painting, ed. JP Mohen, M. Menu and B. Mottin, Abrams, New York, 66.
  • Pezzutto D. 2011. “Leonardo’s Val di Chiana map in the Mona Lisa”, Cartographica 46:3, 149-59.
  • Pezzutto D. 2012. “Leonardo’s Landscapes as Maps”, OPUSeJ 201206262038LLM, 1-31.
  • Pezzutto D. 2013. “Raphael’s Gioconda “, Società Geologica Italiana, 1990, 06-26 - Guide Geologiche regionali: Appennino Tosco-Emiliano. BE-MA editrice. 
  • Romano M., Cifelli R. L., and Vai, G. B. (2016). The first geological map: an Italian legacy. Italian Journal of Geosciences,135(2), 261-267.
  • Vai G. B., 1995. Geological priorities in Leonardo da Vinci’s notebooks and paintings. Rocks, Fossils and History, 13-26.
  • Vai G.B., 2003. I viaggi di Leonardo lungo le valli romagnole: riflessi di geologia nei quadri, disegni e codici. In: Leonardo, Machiavelli, Cesare Borgia: Arte, Storia e Scienza in Romagna (1500-1503), De Luca Editori d’Arte, Roma, 37-47.


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