Nell'Italia
liberale dei primi anni del '900, è forte il dibattito politico
sull'opportunità di un'espansione coloniale in Nord Africa. Le provincie della
Tripolitania e della Cirenaica, non ancora riunite sotto il nome di Libia ed
allora sotto il dominio dell'Impero Ottomano, sono le sole aree risparmiate
dalla colonizzazione delle grandi potenze europee e destinate per accordi
diplomatici al nostro paese. Il Governo Giolitti deve destreggiarsi fra
opposizioni esterne ed interne. L'opinione pubblica è dibattuta fra le tesi dei
nazionalisti, favorevoli all'espansionismo coloniale e appoggiati da gran parte
della stampa nazionale, e quella di socialisti, repubblicani e radicali
contrari alla conquista di quello che è definito uno "scatolone di
sabbia".
In realtà la conoscenza delle
risorse naturali e del valore commerciale di quelle terre è soltanto
approssimativa. Non esiste neppure una carta geologica dettagliata di quei
posti e le poche notizie che si hanno sono il frutto di corrispondenze di
viaggiatori che avevano effettuato ricognizioni scarsamente documentate (fra
gli altri, Gerhard Rohlf e Paolo Vinassa de Regny).
Per valutare la convenienza della
conquista coloniale occorre quindi giungere a risultati scientifici definitivi
circa la natura dei terreni accertando l'effettiva esistenza delle favoleggiate
ricchezze minerarie di quelle regioni ed in particolare dei vastissimi
giacimenti di zolfo, addirittura a cielo aperto, che alcuni viaggiatori riferiscono
di aver visitato nel corso delle loro escursioni libiche.
Il Ministro degli Esteri Di San
Giuliano ed il sottosegretario Lanza di Scalea, ambedue siciliani, sono
particolarmente interessati all'esplorazione mineraria libica. Lo sfruttamento
a basso costo delle presunte miniere di zolfo, se effettuato da potenze
straniere, creerebbe una imbattibile concorrenza e costituirebbe un grosso
pericolo per l'economia siciliana e dell'intero paese.
Il primo ostacolo da superare è
l'avversità mostrata dal governo turco all'azione commerciale italiana ed in
particolare alla c.d. penetrazione pacifica portata avanti dal Banco di Roma
che, su sollecitazione del Governo, ha aperto succursali a Tripoli e Bengasi
con l'intento di coniugare motivazioni economiche e commerciali con esigenze
diplomatiche. Direttore della succursale di Tripoli è Enrico Bresciani, in
realtà agente segreto sotto copertura, che ricopre con abilità il ruolo di
informatore politico del Governo Italiano.
Bisogna allora agire con massima
segretezza eludendo l'ostruzionismo ottomano. La ricerca della persona adatta alla quale affidare la
delicata esplorazione scientifica viene effettuata congiuntamente dal Ministero
degli Esteri e dal Banco di Roma. Tenuto conto che in quegli anni la Sicilia è
leader mondiale nella produzione dello zolfo, è lì che la ricerca viene
focalizzata. Il più importante gruppo imprenditoriale operante allora nel
settore è la Société Generale des Soufres,
società di diritto francese costituita a Parigi nel 1906 da Ignazio Florio
con capitali italo-francesi. La Société
è proprietaria o concessionaria di una decina fra le più attive miniere
siciliane. Ha un giro d'affari annuo di 50.000 tonnellate di minerale e occupa
circa 7.000 dipendenti. Direttore Generale Tecnico del gruppo è Ignazio
Sanfilippo.
Nato a Casteltermini (AG) nel 1857
da una nobile e facoltosa famiglia proprietaria di zolfare, Ignazio Sanfilippo
interrompe i suoi studi di Ingegneria presso l'Università di Roma dopo il
secondo anno per andare a dirigere le più importanti miniere del
castelterminese. Coltiva da autodidatta studi di geologia, mineralogia e arte
mineraria e nella sua professione di direttore di miniere si distingue subito
per abilità tecnica e per il suo costante sforzo diretto a migliorare e rendere
meno pericolose le disumane condizioni di lavoro dei suoi zolfatari. La sua
fama a poco a poco supera i confini regionali grazie anche ad una serie di
invenzioni, fra le quali spicca un forno continuo per la fusione dello zolfo, denominato
appunto "Forno Sanfilippo". Nel 1906 è nominato Direttore Generale
Tecnico della Société Generale des
Soufres.
Le ricerche avviate per via
diplomatica identificano quindi nel Sanfilippo la persona in possesso di
qualità come competenza, affidabilità e coraggio adatte all'impresa. L'incarico
che gli è affidato dal Ministero degli Esteri è finanziato dal Banco di Roma e
gestito segretamente dalla succursale di Tripoli di quella banca e dal
Consolato Italiano di Tripoli.
Ignazio Sanfilippo giunge a Tripoli il
23 giugno 1910 ufficialmente per svolgere una esplorazione agronomica. Lo scopo
reale della missione è tenuto segreto alle autorità turche. La tappa principale
del viaggio è il luogo del deserto sirtico nel quale era stata segnalata la più
importante miniera di zolfo. La carovana vi giunge dopo una lunga cavalcata il
2 di luglio e, scrive il Sanfilippo, "Qui
una disillusione ci attendeva: nessuna traccia di sotterranei, di lavori a
cielo scoperto, di minerale solfifero, di alcun mezzo di trattamento, nulla che
anche lontanamente accennasse ad una vera e propria miniera, per quanto coltivata in modo primitivo. Le famose miniere
della Sirtica non sono che dei laghetti di acqua sulfurea dove gli arabi
raccolgono il poco limo solforoso che vi si deposita" (Lettera riservata del 16 settembre 1910 di
Ignazio Sanfilippo al Ministro di San Giuliano).
Il Sanfilippo rientra in Italia il
15 agosto e, a conclusione del suo breve viaggio, presenta sia al Ministro
degli Esteri, che al Banco di Roma una relazione riservata nella quale, a
proposito del "laghetto" di acqua sulfurea, scrive: "ad esso (laghetto) accorrono per cura gli abitatori di quelle sterminate contrade
desertiche che spesso fanno precedere il bagno da sacrifici di agnelli. Le
nostre guide beduine, infatti, ed il cammelliere appena arrivati, dopo una
breve orazione, si tuffarono nell'acqua prima ancora che noi fossimo smontati
da cavallo". La relazione si conclude con la considerazione che dai
rilevamenti e dalle osservazioni effettuati in superficie, pur non avendo
potuto effettuare alcun sondaggio o prelievo di campioni minerali, sono stati
rilevati indizi che giustificherebbero un approfondimento delle ricerche.
Il suo suggerimento è accolto dal
Ministero degli Esteri che decide di far organizzare al Banco di Roma una
seconda missione scientifica da affidare nuovamente ad Ignazio Sanfìlippo.
Questa volta la spedizione sarà fornita di mezzi e uomini adeguati e delle
dovute autorizzazioni da parte del Governo Ottomano. Il 13 febbraio 1911
Sanfilippo parte per Tripoli accompagnato da due suoi dipendenti presso una
zolfara di Casteltermini. A Tripoli al gruppo sono aggregati il Conte Ascanio
Michele Sforza, ingegnere civile piacentino appartenente ad una nobile ed
antica famiglia, fratello del più noto Carlo Sforza, un interprete, tre influenti
Capi Arabi, 15 uomini di servizio e 10 soldati turchi formanti la scorta. L’8
aprile del 1911 parte da Tripoli l'avventurosa Missione Mineralogica Italiana Sanfilippo-Sforza. Nel prosieguo del
viaggio la carovana arriverà a contare una settantina di uomini fra carovanieri
e uomini di scorta e poco più di cento cammelli.
Figura 2: Carovanieri armati |
Questa seconda esplorazione
scientifica però è ostacolata dall'ufficiale di scorta su ovvio mandato delle
autorità tripoline che, fra l'altro, impedisce che vengano effettuati scavi
oltre i 20 centimetri di profondità, autorizzando solo il prelievo di campioni
di rocce in superficie. Le proteste del Capo Missione riescono a mitigare
l'ostruzionismo turco ma non ad eliminare tutte le interferenze.L'epilogo
drammatico si verifica alla fine di settembre quando l'Italia dichiara guerra
alla Turchia e la flotta italiana cannoneggia Tripoli. Nelle fasi concitate
dell'evacuazione della comunità italiana, inspiegabilmente sia Bresciani che il
Vice Console Galli dimenticano di avvertire la Missione per farla rientrare in
tempo a Tripoli e metterla in salvo. Una strana dimenticanza se si considera
che fino a quel momento la Missione era stata assistita in modo impeccabile con
l'invio di puntuali approvvigionamenti ivi incluso perfino il brandy per le
freddi notti nel deserto e l'anice per rendere più gradevole il gusto di
un'acqua non sempre limpida. Che si sia alla ricerca di un casus belli che possa
meglio giustificare l'intervento armato e ammorbidire le opposizioni? Lo stesso
sospetto è espresso dallo storico francese Daniel Grange dell’Università di
Scienze Sociali di Grenoble che nella sua opera “LItalie et la Méditerranée
(1896-1911)”analizzando la disputa creatasi in Italia fra interventisti e
pacifisti, afferma: “Il pense que l’on veut se servir de la mission Sanfilippo
et des ses déboires comme d’un détonateur.
I cinque componenti italiani della
Missione sono fatti prigionieri il 1° ottobre del 1911 e rimangono nelle mani
dei turchi per 13 mesi in condizioni ambientali, igieniche e di sicurezza
precarie. L'alimentazione è scarsa e l'acqua sporca e fangosa. L'opinione
pubblica italiana segue con apprensione la sorte dei prigionieri e gioisce alla
notizia della liberazione avvenuta all'alba dell'11 novembre 1912.
A metà del 1914 il Sanfilippo presenta al
Banco di Roma un copioso quanto importante "Rapporto Riservato"
articolato in cinque volumi. In particolare, il Volume III della Relazione
riporta gli studi e gli esami effettuati sui campioni di minerali, sui fossili
e sugli echinidi raccolti dal Sanfilippo (in tutto 300 sacchetti) e più
precisamente:
- lo studio sopra alcuni campioni di rocce eruttive e clastiche compiuto dal prof. Ettore Artini dell'Università di Milano; lo studio viene anticipato da una nota dal titolo Sulla diffusione delle rocce a nefelina nella Libia che lo stesso Artini il 4.1.1914 pubblica sul vol.XXIII, serie 5 della Reale Accademia dei Lincei;
- copie di analisi di acqua, terra, rocce, etc. effettuate dal Laboratorio di Chimica Agraria di Palermo dai direttori G. Lima Mancuso, F. Guerrieri e F. Paulsen;
- analisi dei campioni di terra predesertica e desertica del Fezzàn a cura del prof. Armando Maugini, direttore dell’Istituto Agricolo Coloniale di Firenze;
- il prof. Giovanni Di Stefano dell'Università di Palermo cura lo studio dei fossili raccolti in Tripolitania, Giòfra e Fezzàn;
- gli echinidi sono invece classificati ed esaminati dal prof. G. Checchia Rispoli dell'Istituto di Geologia dell’Università di Palermo.
Figura 4: Tavola sezione geologica tratta da "Attraverso la Tripolitania e il Fezzan. Cenni sulla costituzione dei terreni". I.Sanfilippo, 1914 |
Di particolare interesse per lo
studio geologico dei terreni vengono considerati gli Echinidi ed i Molluschi
(Lamellibranchi, Gasteropodi, Cefalopodi) raccolti dal Sanfilippo ai quali il
prof. Checchia Rispoli dedica, oltre allo studio già citato, una serie di
monografie pubblicate su varie riviste scientifiche. La collaborazione fra il
prof. Checchia Rispoli ed il Sanfilippo continuerà anche negli anni successivi
in occasione degli altri viaggi in Libia. Fra i numerosi fossili esaminati, ne
vengono scoperti alcuni rivelanti una fauna maestrichtiana notevolmente
superiore a quella fino allora conosciuta: a questi il prof. Checchia Rispoli
ed altri studiosi decidono di assegnare il nome dello scopritore e pertanto
alcuni echinidi vengono ancor oggi così denominati:
Hemiaster Sanfilippoi Pycnodonta Sanfilippoi Maxia
Pseudocatopygas
Sanfilippoi Checchiaia
Sanfilippoi Maxia
Zuffardia
Sanfilippoi Nautilus
Sanfilippoi
Noetlingaster Sanfilippoi Spondylus
Sanfilippoi (Lamellibranchi)
Leiocidaris
Sanfilippoi Eriptycha
Sanfilippoi "
Sanfilippaster Bullinella
Sanfilippoi (molluschi Gasteropodi)
Conulus
Sanfilippoi Caricella
Sanfilippoi " "
Orthopsis Sanfilippoi Sauvagesia
Sanfilippoi
Sanfilippaster Geayi Parapachydiscus Sanfilippoi
Nel
maggio del 1930, il prof. Checchia Rispoli riferisce in una sua memoria che il museo di Paleontologia dell'Università di
Roma, si è arricchito in questi ultimi tempi di una importante collezione di
fossili di Cretaceo superiore raccolti dal comm. Ignazio Sanfilippo in un suo
recentissimo viaggio in Tripolitania. Il materiale, con molta liberalità donato
da questo benemerito ed appassionato studioso della geologia della Libia.....si
compone di oltre un centinaio di specie..... (Bollettino della Società
Geologica Italiana, vol. XLIX (1930), PAGG.79-83).
Circa
le numerose forme paleontologiche raccolte per la prima volta dal Sanfilippo ed
alle quali è stato attribuito il nome dello stesso Sanfilippo, cfr. capitolo
sesto. La “Collezione Sanfilippo” è stata oggetto di studi effettuati da
numerosi ricercatori, oltre al Checchia Rispoli, quali Maccagno, Maxia, Serra,
Sorrentino e Parona.
La “Collezione Sanfilippo” è ancora
conservata presso il Museo Paleontologico dell’Università La Sapienza di Roma.
Durante la seconda guerra mondiale un bombardamento ha causato al Museo seri
danni per rimediare ai quali è iniziato un lungo lavoro di riorganizzazione
ancora in corso. Recentemente il prof. Riccardo Manni del Dipartimento di
Scienze della Terra presso “La Sapienza” ha avviato un attento lavoro di
catalogazione del materiale fossile ed ha pubblicato uno studio la cui prima
parte riguarda la “Collezione Sanfilippo”. Si spera che la "Collezione
Sanfilippo" possa essere presto ricostituita nella sua completezza e,
possibilmente, formare oggetto di mostra tematica.
La conclusione della relazione
presentata dal Sanfilippo è che esistono fondati elementi di presunzione circa
l'esistenza di giacimenti solfiferi. La certezza potrà aversi esclusivamente
con il completamento delle ricerche interrotte dalla guerra, questa volta con
mezzi adeguati, senza restrizioni geografiche ed operative, ma soprattutto con
la possibilità di effettuare sondaggi e prelievi sotterranei. La lunga
resistenza dei ribelli libici, lo scoppio della I Guerra Mondiale e la scoperta
del metodo Frasch per l'estrazione a bassissimo costo del minerale solfifero
americano faranno però venir meno l'interesse per lo zolfo libico.
Ignazio
Sanfilippo sarà protagonista di un'altra esplorazione scientifica in Libia su
incarico del Governo Fascista negli anni dal 1929 al 1934, questa volta alla
ricerca di fosfati ad uso fertilizzanti (negli anni ’20 l’Italia importava
mediamente 700.000 tonnellate annue di fosfati dalla sola Tunisia) dei quali, in
quegli anni di “battaglia del grano”, l'Italia era pesantemente
dipendente dall'estero.
Questa
Missione, condotta con mezzi ristrettissimi e senza un'adeguata attribuzione di
risorse umane e materiali si concluderà con la scoperta di vasti giacimenti di
minerali fosfatici resa pubblica con una lettera aperta che il 27 novembre del
1934 il prof. Checchia Rispoli invia una alla Direzione della rivista "La
Ricerca Scientifica"
Figura 6: Ignazio Sanfilippo nel deserto libico |
Al Sanfilippo fu riconosciuto il
merito della sua importante scoperta libica della quale bisognava però
verificare la portata ai fini di uno sfruttamento industriale. Tale compito non
poté essere completato dal nostro uomo ormai quasi ottantenne. Furono
organizzate nuove spedizioni dotate di maggiori mezzi fra le quali ricordiamo
quella governativa, diretta da Ardito Desio nel 1936 e composta dai geologi
Chiesa e Lipparini, dall’ing. Gravino e dal dottore chimico Mancuso. Gli studi di
Sanfilippo costituirono preziosa premessa per la citata sua spedizione. Ne é
testimonianza, fra l’altro, lo studio redatto dal Desio a conclusione della sua
missione nel quale, pur escludendo “nel
territorio esplorato giacimenti di fosfati di interesse industriale”,
esplicitamente conferma come la sua esplorazione sia stata originata dalle
scoperte del Sanfilippo: ”l’attività
mineraria diretta specificamente alla ricerca dei fosfati é imperniata sulla
missione Sanfilippo che esaminò con
grande cura i terreni del Maestrichtiano segnalati dal Parona nel bacino del
Sofeggin”.
Bibliografia
- I.Sanfilippo, Relazione
sulla Missione in Cirenaica, Parte Prima, Lo Zolfo della Sirtica,
Palermo, 16.9. 1910
- V.Ferrara - Ignazio Sanfilippo - Un Gattopardo nel
Deserto, Ed.Lussografica, Caltanissetta 1912
- A.Del Boca - Gli Italiani in Libia - Tripoli Bel
Suol D'Amore, Mondadori, Cles, 1993
- P.Soave - Fezzàn - Il deserto conteso (1824-1921), Giuffrè, Milano, 2001
- G.Ricchieri
- Sulle pretese miniere di zolfo in
Tripolitania, in "Vita Internazionale"
- R. Mori, La penetrazione pacifica italiana in Libia dal 1907 al 1911 ed il Banco di Roma, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Anno XXIV, n.1, Firenze, 1957
- A.Francioni, “Il miraggio dei fosfati: la Missione Sanfilippo in Tripolitania (1929-1931)” in Il Politico, 1996, n.2
- G.Rohlfs, Tripolitania.Viaggio
da Tripoli all’oasi di Kufra, Villardi, Milano, 1913
- P.Vinassa De Regny, Lybia
Italica, Hoepli, Milano, 1913
- S.Giannò, I bacini minerari
della Tripolitania, Roma, 1905
- Riccardo Manni, “Catalogue of
the type fossils stored in the Palaeontological Museum of “La Sapienza”
University of Rome:1, in Geologica Romana, vol.XXXIX (2006), pagg.95-110.
- G.Checchia Rispoli, Scoperta di
giacimenti fosfatici in Libia, in La ricerca Scientifica, Roma 27.11.1934,
pag.463
- Ignazio Sanfilippo - Sui
fosfati della Libia - Ed.Sciarrino, Palermo. Anche in "La Miniera
Italiana", Anno X, n.9, Settembre 1916
- Ardito Desio – L’esplorazione
Mineraria della Libia – Collezione Scientifica e Documentaria a cura del
Ministero dell’Africa Italiana – Istituto per gli Studi di Politica
Internazionale – Milano 1942, pag.40
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