LA GEOLOGIA PISANA NEL GRANDUCATO DI TOSCANA
Gli inizi degli studi geologici pisani si devono a Giorgio Santi, nato a Pienza, (1746–1822), che si interessò della natura vulcanica del Monte Amiata, di acque minerali e termali e dei “lagoni” boraciferi del senese, tuttavia con i suoi grandi interessi botanici e zoologici egli rimase un vero “naturalista” a tutto campo. Infatti, nel corso dei primi tre decenni dell’Ottocento, la Geologia non occupava un posto di rilievo negli interessi della vivace comunità scientifica pisana. Lo scarso interesse per la disciplina si traduce nel forte ritardo che si accumula a livello delle collezioni e delle opere di riferimento indispensabili alla determinazione dei fossili e alla comparazione dei terreni e degli strati toscani con quelli già studiati negli altri paesi. Tuttavia a partire dagli anni Trenta, con lo sviluppo dell’industria, di fatto fu la necessità vitale di minerali e combustibili per le applicazioni industriali e minerarie che determinò un complesso di fattori economici e sociali, che contribuì a fare della Geologia una disciplina a sé stante. Quando la Geologia diviene disciplina di punta in Toscana e a Pisa, negli anni Quaranta e Cinquanta, le precedenti carenze strutturali si riveleranno difficili da colmare.
Paolo Savi |
Prima assistente (1819-1823) del padre Gaetano Savi, docente di Botanica, poi dal 1821 assistente anche di Giorgio Santi alla cattedra di Storia Naturale, di cui assunse l’incarico alla morte del Santi nel 1822; nel novembre 1823 fu nominato professore di Storia Naturale e di Mineralogia, e Direttore del Museo dell’Università. Sviluppò una notevole abilità nelle preparazioni tassidermiche degli animali per il museo, di cui si occupava personalmente; incontrò nel 1824 lo zoologo Andrea Bonelli a Torino, ed i suoi primi studi furono sulla fauna ornitologica toscana, pubblicati nel suo libro del 1827: “Ornitologia toscana : ossia descrizione e storia degli uccelli che trovansi nella Toscana con l'aggiunta delle descrizioni di tutti gli altri proprj al rimanente d'Italia.”
PAOLO SAVI NATURALISTA E GEOLOGO GRANDUCALE (1828-1839)
Nel 1828 il Savi fece un lungo viaggio a Parigi, dove si trattenne per due mesi a studiare in Musei e Biblioteche ed incontrare celebri naturalisti, tra cui il grande anatomista e paleontologo Georges Cuvier (1769-1832), che gli donò una collezione di modelli in gesso dei pezzi più caratteristici dei fossili su cui aveva stabilito parte delle nuove specie degli animali estinti, che il Savi inserì nel Museo da lui diretto. Le prime escursioni geologiche sono del 1828 e 1829 sui Monti Pisani, sulle Alpi Apuane e sugli Appennini e furono pubblicate in tre lettere geologiche nel “Nuovo Giornale de’ Letterati” e, nel 1830, in un Catalogo delle rocce più caratteristiche del macigno della Toscana. Non sappiamo se il crescente interesse di Savi per la Geologia sia derivato dal suo viaggio a Parigi, se egli abbia compreso il grande interesse granducale per le risorse minerarie toscane, o se sia stato invitato direttamente dal Granduca a orientarsi verso lo studio del sottosuolo. Infatti il coetaneo Granduca di Toscana, Leopoldo II (1797-1870), lo volle con sé nel 1830 come esperto nel suo viaggio in Germania, per esaminare i “terreni carboniferi” della Sassonia e della Boemia, durante il quale ispezionò molte miniere e discusse con geologi e ingegneri minerari tedeschi circa l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse minerarie.
Il Granduca di Toscana Leopoldo II |
Carta geologica dei Monti Pisani |
LA DISPUTA SUL “CARBONE TOSCANO” ED IL CONTRASTO SCIENTIFICO CON LEOPOLDO PILLA (1839-1848)
Nel 1839 si svolse a Pisa il primo Congresso degli Scienziati Italiani, nel quale il Savi partecipò come massimo esperto della Geologia toscana ed interlocutore critico della Geologia europea, esponendo i risultati dei suoi studi sui Monti Pisani e sulle Alpi Apuane e la sua teoria sul metamorfismo.
Nel Congresso presentò anche una memoria sui combustibili fossili della Toscana, in cui giudicò estremamente improbabile di poter trovare strati di vero Litantrace, ed analoghe considerazioni furono fatte dai geologi degli Stati Veneti, Piemonte e Parma; di conseguenza si concluse che non vi era una fondata speranza di trovare il desiderato combustibile di qualità dei terreni carboniferi europei e che i depositi esistenti in Italia appartenevano al macigno, ovvero a formazioni terziarie. Gli ingegneri ed i tecnici minerari non erano di questa opinione, e vantavano la fondazione di Società minerarie e le iniziative già avviate in Toscana per la ricerca di nuovi depositi di Lignite e la coltivazione delle miniere. Nel 1839, dopo la fine del congresso, fu scoperto a Montebàmboli (circa 7 km. a NW di Massa Marittima) un giacimento di “vero Litantrace”, in realtà formato da banchi di Lignite di ottima qualità, che poneva in discussione la credibilità dei geologi italiani. La spinosa questione fu lasciata in sospeso al Congresso di Torino nel 1840 a causa della mancata partecipazione dell’esperto di geologia applicata e giacimenti minerari, il milanese Giulio Curioni (1796-1878), che si era incaricato di sottoporre al giudizio della Sezione di Geologia del Congresso i rilievi, le rocce e i combustibili raccolti nelle Maremme Toscane. Nel 1841 al terzo Congresso a Firenze, nella prima adunanza della Sezione di Geologia, Mineralogia e Geografia fu presentata da Giacinto Provana di Collegno (1794-1856), generale e geologo piemontese, una “Memoria sulle Metamorfosi dei terreni di sedimento, ed in particolare su quelle subite dai combustibili fossili della Toscana”. In questo contributo il Collegno, dopo aver esaminato la genesi a causa del calore degli estesi depositi della formazione carbonifera nordeuropea, forniva una spiegazione in merito alla qualità del combustibile scoperto a Montebàmboli che, pur appartenendo certamente al periodo terziario, e non carbonifero, presentava caratteristiche mineralogiche analoghe al litantrace di Newcastle, di Liegi, di Valenciennes. Egli affermava che le teorie metamorfiche del Savi ne spiegavano le caratteristiche, con “le eruzioni metalliche de’ filoni quarzosi e granitici della Toscana” che, sicuramente posteriori alla deposizione dei terreni terziari, avevano convertito con la loro temperatura e pressione i depositi di Lignite in vero Litantrace. Tale Litantrace, però, doveva essere considerato un “Litantrace anomalo”, perché generato non come i depositi carboniferi da “metamorfosi normale” dovuta all'uniforme calore interno del globo, ma da modificazioni prodotte localmente da fusi di rocce ignee sui depositi sedimentari, cioè da una “metamorfosi anomala” come definita da Elie De Beaumont. Infine il Collegno ridimensionava (giustamente) il valore della scoperta del ”carbone toscano”, sottolineando la convenienza di non esagerarne l’importanza pratica, vista la limitata estensione degli affioramenti terziari e la frammentarietà dei piccoli depositi lentiformi, peraltro sconvolti dalle azioni tettoniche che interrompevano la continuità dei banchi coltivabili, non paragonabili per spessore ed estensione ai depositi nordici. Il presidente Pasini riferiva che il Curioni, al termine dei suoi esami, si era convinto che le rocce e il carbone erano state certamente modificate, e che l’errore dell’Ingegnere Pitiot, direttore delle miniere a Montemassi e Montebàmboli, di considerare le rocce come appartenenti al periodo carbonifero era stato determinato proprio dall'aspetto e dalla durezza che le arenarie terziarie avevano assunto a causa dell’alterazione metamorfica. Il Savi alla fine intervenne, spiegando le ragioni per le quali i depositi di carbone toscani erano contenuti in bacini di estensione molto limitata, e che di conseguenza ci si doveva aspettare che lo strato di combustibile si assottigliasse verso i bordi dei bacini già individuati. Nel 1841 il Granduca, sempre più interessato alle risorse toscane, decise di creare nell'Università di Pisa, che ambiva far diventare una capitale della scienza italiana ed europea, una cattedra di Mineralogia e Geologia, separandola da quella di Storia Naturale; di fronte a questa scelta, il Savi preferì la cattedra di Zoologia, mentre il medico e geologo napoletano Leopoldo Pilla (1805-1848), studioso del Vesuvio ed esperto di vulcanologia, che il Granduca aveva conosciuto personalmente a Napoli, fu nominato nel 1842 Professore di Geologia e Mineralogia.
Il Pilla aveva una ricca esperienza di esplorazioni geologiche in Abruzzo, Gargano, Puglia e Calabria, che gli erano state commissionate dal Regno delle Due Sicilie per riferire sulla situazione delle miniere, sui possibili nuovi giacimenti minerari da sfruttare e per la ricerca di combustibili fossili; queste competenze lo misero in buona luce presso il Granduca di Toscana, visto il notevole interesse granducale per la ricerca del carbone toscano. Tuttavia il Savi non cessò di occuparsi di Geologia, ed Il dialogo scientifico tra lui ed il Pilla fu perlomeno vivace, se non conflittuale, anche perché il Pilla era molto vicino alle tesi ottimistiche di Theodor Haupt, sulle risorse minerarie toscane. Quest’ultimo, ingegnere sassone, dal 1844 nominato consigliere per le questioni minerarie da Leopoldo II, alimentava le speranze di trovare un grande giacimento di carbone di ottima qualità, ed irritava i proprietari terrieri toscani sostenendo i diritti sul sottosuolo del governo granducale, che ne comportavano il controllo e l’intervento diretto. Il Savi invece difese la tesi del moderatismo toscano, sostenuta anche dai Georgofili Ricasoli, Pini e Marzucchi, che contrastava l’interesse superiore dello Stato nello sfruttamento delle risorse del sottosuolo secondo il modello della legislazione francese. Infatti il Savi contrastava punto per punto le tesi del Pilla sul carbone toscano e su vari argomenti geologici, insistendo sui fatti da lui osservati con precisione rispetto alle facili generalizzazioni e speculazioni, non solo per rivendicare la sua primazia scientifica e conoscenza dei terreni toscani, ma anche per screditare un geologo pericolosamente vicino alle tesi del Regio Consultore per gli affari delle miniere Haupt. Il contraddittorio Savi-Pilla aumentò di intensità sulle questioni prettamente scientifiche della stratigrafia e delle età dei terreni toscani, soprattutto in merito all'assegnazione fatta dal Pilla del macigno ai terreni terziari, che con la proposta del nome di “terreno etrurio” fu accolta dai francesi, mentre il Savi riteneva il macigno erroneamente cretaceo. Inoltre il Savi si opponeva alle divisioni più articolate nel calcare secondario basate sui caratteri mineralogici proposte dal Pilla e collegate al dibattito sulla serie dei terreni europei, contrapponendo osservazioni accuratissime che rendevano problematico trarre conclusioni più ampie e generali ed imponevano di mantenere una grande cautela sui sincronismi, vista anche la scarsità di fossili rinvenuti e delle conoscenze sulla loro distribuzione geografica. Il dibattito in realtà fu troncato nel maggio 1848, quando il Pilla, il suo scomodo collega, ma liberale e fervente patriota, trovò la morte nella battaglia di Curtatone come capitano del Battaglione universitario toscano; su di lui scese l’oblio, la sua cattedra di geologia fu assegnata al naturalista e botanico, specialista in alghe, Giuseppe Meneghini (1811-1889), che si occupò di subito di paleontologia e, evitando ogni rivalità, si dichiarò allievo del Savi che ritornò ad essere l’unico esperto incontrastato della Geologia toscana. Inoltre nel 1847 il Savi era stato nominato socio dell'Accademia nazionale delle scienze, società scientifica italiana fondata nel 1782 col nome di “Società italiana delle scienze detta dei XL”, dai quaranta maggiori scienziati dell’epoca, che comprendeva i migliori scienziati italiani, indipendentemente dagli stati di appartenenza.
LA COLLABORAZIONE CON MENEGHINI (1848-1850)
Il Savi non era un esperto di paleontologia, ma spinse il Meneghini a continuare la collaborazione, che era stata iniziata dal Pilla, con Alberto della Marmora per l’identificazione dei fossili paleozoici in Sardegna. Inoltre insieme al Meneghini si applicò a risolvere definitivamente la questione dell’età del macigno e della cronologia delle serie toscane, in realtà riconoscendo in alcuni casi di aver cambiato idea, in altri integrando alcune idee del Pilla, appoggiandosi e riportando l’idea del geologo scozzese R. Murchison secondo cui la denominazione “terreno etrurio” era geologicamente inammissibile, ed accettando infine di collocare il macigno nel periodo eocenico. Queste tesi furono ampiamente esposte nel loro testo congiunto “Osservazioni stratigrafiche e paleontologiche concernenti la geologia della Toscana e dei paesi limitrofi “, pubblicato nel 1850, che costituisce anche il suo ultimo lavoro scientifico in campo geologico, eccettuate alcune brevi memorie dei primi anni sessanta. In pratica il Savi considerava definitivamente definita e ormai conclusa la questione stratigrafica ed interpretativa col Pilla, e lasciava definitivamente il campo geologico al suo “allievo” Meneghini.
DAL GRANDUCATO AL REGNO D’ITALIA - LA CARTA GEOLOGICA (1859-1871)
A seguito degli eventi della II guerra d’indipendenza, Leopoldo II abdicò nel 1859 e dopo il plebiscito del 1860 per l'annessione al Regno d'Italia, il Granducato fu soppresso e la Toscana fu unita al Regno di Sardegna. Nel Regno di Sardegna il 18 ottobre del 1822 con le Regie Patenti di Carlo Felice, era stato istituito il Regio Corpo degli ingegneri delle Miniere Sarde, con compiti tecnici ed amministrativi, ed il Consiglio Superiore delle Miniere, con funzioni di indirizzo e controllo delle attività minerarie. Con l’Unità d’Italia le competenze del Corpo e del Consiglio delle miniere furono estese a tutto il territorio nazionale, ed ai compiti minerari si aggiunsero quelli relativi alla Carta geologica. Nel 1861 si svolsero a Firenze (che sarà poi capitale dal 1865 al 1870) le riunioni della “Giunta per la compilazione della Carta Geologica del Regno d’Italia”, con vivaci contrasti, destinati a durare nel tempo, fra ingegneri–geologi, naturalisti-geologi e mineralisti-geochimici. Sarà così che il Comitato Geologico presieduto Igino Cocchi, professore di geologia dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze, gestirà le operazioni della Carta geologica d’Italia dal 1867 al 1873, quando il governo, ispirato da Quintino Sella, assegnerà nuovamente al Corpo delle Miniere la competenza in merito alla Carta Geologica. In questo periodo il compito di traghettare le scienze naturalistiche pisane dall'amministrazione granducale a quella nazionale spettò a Savi, studioso ormai affermato e di grande rilievo culturale, che nel 1862 fu nominato Senatore del Regno d'Italia. Il naturalista Paolo Savi muore a Pisa il 5 aprile 1871, dopo aver trascorso una lunga carriera come botanico, ornitologo, zoologo, geologo in quella Università ed essere stato un protagonista, se non il fondatore, della successiva scuola geologica pisana di Meneghini.
Per approfondire:
• https://halshs.archives-ouvertes.fr/halshs-00002893v2/document (Corsi Pietro)
• http://hsmt.history.ox.ac.uk//staff/documents/la_scuola_geologica_pisana.pdf
• http://www.academia.edu/9465532/2001_La_scuola_geologica_Pisana
Bibliografia Essenziale, in ordine cronologico:
• Savi Paolo – Studi Geologici sulla Toscana - Pisa, ed. F.lli Nistri, 1833, 47 pagine
• Savi Paolo – Sulla Scorza del Globo Terrestre e sul modo di studiarla – Pisa, ed. F.lli Nistri, 1834, 102 pagine
• Savi Paolo – Memorie per servire allo studio della costituzione fisica della Toscana – Pisa, ed. F.lli Nistri, 1839, 121 pagine
• Atti della prima riunione degli scienziati italiani tenuta in Pisa nell’ottobre 1839 – Pisa, ed. F.lli Nistri, 1840, 314 pagine
• Atti della terza riunione degli scienziati italiani tenuta in Firenze nel settembre 1841 – Firenze, ed. Galileiana, 1841, 791 pagine
• Pilla Leopoldo – Conoscenze di Mineralogia necessarie per lo studio di Geologia – Napoli, ed. Manuzio, 1841, 71 pagine
• Pitiot Francesco – Rapporto generale sulle miniere di carbone e sui lavori eseguiti nelle località di Monte Massi, e di Montebamboli nella Maremma Toscana, dal novembre 1841 fino al luglio 1842. – 1842, 11 pagine
• Savi Paolo – Sopra i carboni fossili dei terreni mioceni delle maremme toscane – Pisa, ed. F.lli Nistri, 1843, 78 pagine
• Pilla Leopoldo – Breve cenno sulla ricchezza minerale della Toscana – Pisa, ed. Vannucchi, 1845, 224 pagine
• Haupt Theodor – Delle Miniere e della loro Industria in Toscana – Firenze, ed. Le Monnier, 1847, 245 pagine
• Pilla Leopoldo – Trattato di Geologia diretto specialmente a fare un confronto tra la struttura fisica del settentrione e del mezzogiorno di Europa – Pisa, ed. Vannucchi, 1847, 614 pagine
• Meneghini Giuseppe e Savi Paolo – Osservazioni stratigrafiche e paleontologiche concernenti la geologia della Toscana e dei paesi limitrofi – Firenze, Stamperia Granducale, 1851, 245 pagine
• Meneghini Giuseppe – Saggio sulla costituzione geologica della provincia di Grosseto – Firenze, Ed. Barbera, 1865, 44 pagine
• Corsi Pietro – La Geologia – In: Storia dell’Università di Pisa vol.2, 1737-1861 pp. 889-927 Ed. Plus – Pisa University Press, 2000, 1714 pagine
• Corsi Pietro – Fossils and Reputations. A scientific correspondence, Pisa, Paris, London, 1854–1857 – Pisa, Ed. Plus, Pisa University Press, 2008
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