di Marco
Pantaloni
Nel periodo natalizio
molti hanno la possibilità di vedere immagini riprese nella Basilica di
San Pietro in Roma; pochi sanno, tuttavia, che gli stipiti della
Porta Santa della stessa Basilica, così come quelle delle Porte
Sante delle Basiliche di S. Paolo, di S. Maria Maggiore e di S.
Giovanni in Laterano, sono realizzati con una particolare pietra
ornamentale, il cui nome deriva proprio dall'uso in questa
circostanza: la pietra usata si chiama, infatti Portasanta.
L'originario nome
latino di questa bellissima pietra ornamentale era “Marmor chium”
perchè derivava dalle cave presenti nell'isola di Chio, nel Mar Egeo
oppure, erroneamente, “Marmor iassense”dalla città di Iasos, in
Asia minore. Si trovano anche indicazioni sull'uso del nome Pietra
Claudiana perché era la preferita dall'imperatore Claudio Tiberio.
I Romani usarono il
Portasanta, per la prima volta, per la pavimentazione della basilica
degli Horti di Cesare e, in seguito, nella Basilica Emilia, nella
Basilica Giulia e nel Tempio della Concordia, a Roma, oltre che nel
Teatro di Pompei.
Il Portasanta è una
roccia sedimentaria clastica di origine tettonica a composizione
prevalentemente dolomitica. Contiene resti fossili, difficilmente
riconoscibili; il giacimento dell'isola di Chio sarebbe da riferire a
rocce calcareo-dolomitiche triassiche. Si tratta di una breccia,
caratterizzata da un aspetto estremamente variabile; è
caratterizzato da una base rosata, venature dal rosso al rosso-bruno,
con clasti giallo-arancio, bruni, grigi, di forma variabile e
dimensioni da millimetriche a centimetriche. I clasti sono separati da
venature biancastre o rosse, larghe pochi millimetri, aventi
andamento sinuoso e talora disposizione intrecciata (fonte ISPRA).
L'eterogeneità di
questa pietra ornamentale ha dato luogo a numerose varietà di
diverso aspetto: il "Portasanta brecciato pavonazzo" dalle
macchie rosso-violacee; il "Portasanta lumacato" con fondo
rosso-violaceo e macchie biancastre (resti fossili) di forma
tondeggiante e dimensioni millimetriche; il "Portasanta bigio"
con una brecciatura meno evidente, con un fondo di colore grigio
piuttosto uniforme e venature giallo-brunastre larghe pochi
millimetri.
Un'altra varietà dello stesso
litotipo è il cosiddetto Portasanta Fallani, il cui nome deriva dalla
famiglia proprietaria delle cave di Caldana, frazione di Gavorrano in
provincia di Grosseto, sulle ultime propaggini delle Colline
metallifere. Questa varietà, più chiara e rosata rispetto al
litotipo classico, è stata estratta fino al 1970. Si tratta di un
prezioso materiale dal quale, grazie alla compattezza dei blocchi
estratti, era possibile ricavare colonne monolitiche anche di grandi
dimensioni, come dimostrano le splendide colonne all'interno del
Vittoriano o del palazzo di Montecitorio.
Il Portasanta fu uno dei
marmi colorati più usati nella Roma imperiale, a partire dalla fine
del I sec. a.C. Il suo impiego raggiunse il massimo sviluppo agli
inizi del II sec. d.C., sotto l'imperatore Traiano. Venne
riutilizzato fino al XVII secolo, per la realizzazione di colonne e
lastre di rivestimento. E' stato usato durante il Rinascimento anche
in Toscana per la costruzione di importanti monumenti come, ad
esempio, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, il Duomo
di Siena e la Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa.
Gli
impieghi di questo litotipo sono per la realizzazione di colonne,
trapezofori e basamenti, ma anche di rivestimenti , elementi
ornamentali e statuaria di piccole dimensioni.
Il museo dell'ISPRA,
nella prestigiosa collezione Pescetto appartenente alle collezioni
litomineralogiche, conserva tre esemplari di questa roccia
ornamentale, provenienti dagli scavi di Roma antica; di questi il
campione 261.D è della varietà "Portasanta della Madonna
dell'Orto" mentre il campione 263.D è della varietà
"Portasanta bigio", e proviene dalle Terme di Caracalla.
Per chi, in visita a
Roma, volesse vedere questo splendido litotipo, può osservarlo anche
nelle vasche delle fontane laterali di Piazza Navona, in una parte
della vasca della fontana di Piazza Colonna, nelle colonne degli
altari di S. Sebastiano e della Presentazione nella Basilica Vaticana
e in una coppia di colonne della navata a S. Agnese fuori le mura.
Anche nella Villa Adriana a Tivoli è impiegato diffusamente in
tarsie pavimentali e in alcune colonne.
Per saperne di più:
- ISPRA, collezioni litomineralogiche: ttp://www.isprambiente.gov.it/it/museo/collezioni/collezioni-litomineralogiche/lito-reperti/portasanta
- Luigi Marino, Cave storiche e risorse lapidee, Università degli Studi di Firenze, 2007
- http://www.dst.uniroma1.it/dst1/sciterra/musei/museogeo/tbelli/portasan.htm
- http://www.treccani.it/enciclopedia/marmo_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/
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