sabato 27 settembre 2014

Ustica 1906: la drammatica cronaca di un evento sismico così lontano eppure così vicino. - breve recensione del volume "Ustica s’inabisserà" di F. Foresta Martin, G. Calcara, V. Ailara

di Fabiana Console e Marco Pantaloni 

Nella iconografia cartografica antica, tipica dello stile di Geoitaliani, l’Isola di Ustica si materializza con le fattezze di una piccola mappa geognostica del 1867 rilevata da Pietro Calcara e magistralmente disegnata da Palumbo-Minà.

Nell'immaginario collettivo degli italiani, purtroppo, questo nome è associato indiscutibilmente alla parola strage.

Leggendo invece l'ultimo lavoro di Franco Foresta Martin, Geppi Calcara e Vito Ailara, dall’evocativo titolo “Ustica s’inabisserà?”, ci si distacca immediatamente dal ricordo doloroso. Gli occhi e la mente si aprono verso un frammento di terra di poco più di 8,5 km quadrati ancora geograficamente poco conosciuti. Un'isoletta solitaria di natura vulcanica che si è formata a partire da un milione di anni fa nel Basso Tirreno, proprio sotto la costa palermitana.
La storia geologica e naturale di Ustica, raccontata dagli Autori con uno stile narrativo leggero e piacevolmente divulgativo, non ci fa riflettere immediatamente su quanto serio e riservato ai "soli addetti al settore delle Scienze della Terra" sia l'argomento trattato, ossia la costituzione geologica di un'isola che è l’unico vulcano emerso di natura anorogenica del Tirreno Meridionale.


Carta geognostica dell'Isola di Ustica (1867)
redatta da Pietro Calcara, donata al R. Comitato Geologico
da Minà-Palumbo

A differenza del vicinissimo arcipelago delle Isole Eolie, i magmi che hanno originato l’isola non derivano dalla subduzione e dalla fusione di una porzione di placca continentale ma derivano dal mantello terrestre a seguito dell'apertura di una profonda frattura crostale sul fondo del Mar Tirreno.

Il racconto inizia con l’inizio di una lunga sequenza sismica che mette fine all’ordinario fluire dell’esistenza della comunità usticese. È difficile datare con precisione l’inizio di questa attività, anche perché l’allora Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica non aveva ancora sviluppato una rete sismica adeguata.
Cominciano a nascere le prime leggende, come quella dei passeggeri del vapore Napoli-Palermo che dichiarano che “Ustica è scomparsa!”, suggestionati dalla recente storia di Ferdinandea.
Questo inizio di attività segna anche l’inizio di un lungo periodo di inquietudine tra gli abitanti, tanto da far richiedere la presenza di scienziati ed esperti, oltre che di navi pronte all’eventuale loro evacuazione.
Sia le navi che gli scienziati arrivarono sull’isola, cercando quanto più possibile di portare conforto ed aiuti alla popolazione.
Alla prima sequenza seguì un periodo relativamente tranquillo, segnato dall’inizio dell’attività di “messa in sicurezza”, come si direbbe oggi, del patrimonio edilizio.
Ma la sera del 28 marzo 1906 ci fu un amaro risveglio; un “tonante boato” segnò la ripresa dell’attività sismica, suscitando scompiglio e causando gravi danni.
La mattina del giorno successivo iniziò la prima operazione di protezione civile della storia d’Italia: la popolazione usticese venne trasferita con mezzi navali nella città di Palermo. La descrizione dello sgombero rivela momenti altamente drammatici, suscitando nel lettore attimi di tristezza e angoscia per la sorte delle persone coinvolte. Persone che hanno un nome e un cognome, una vita ed una storia. Esempio di accurata ricerca da parte degli Autori negli archivi e nei fondi storici che hanno vagliato con cura e perizia.
All’esodo seguirono dichiarazioni improvvide circa la sorte “geologica” dell’isola, che acuirono ancora di più le sofferenze delle persone strappate dalle loro case. Una sofferenza privata che si intersecava con una sofferenza "pubblica" e conclamata della Terra che dà e leva la vita.
Il mese di aprile segnò l’inizio del declino della sequenza sismica, che portò quindi al rientro, graduale, della popolazione verso l’isola che a sorpresa vide arrivare i sovrani Vittorio Emanuele III ed Elena, che erano a Palermo in visita ufficiale e si recarono nella loro isoletta a portare aiuti economici, conforto e solidarietà.

Il volume analizza con dettaglio più che realistico, amplificato dalle precise cronache locali, la storia di questo evento, facendo entrare il lettore - con gli occhi e con la testa- nella vita quotidiana della popolazione usticese facendo ri-vivere in diretta, la drammatica esperienza della convivenza con un evento catastrofico quale una crisi sismica.

Altre immagini suggestive ed attualissime -che lasciano l'amaro in bocca- evocano questo evento così lontano eppur così vicino ai nostri giorni ossia il modus operandi nell'affrontare le ore ed i giorni successivi al disastro: aiuto delle autorità locali ed incapacità dello Stato nel far fronte all'emergenza. Quello che emerge è la storica solidarietà del cittadino comune ed il profondo e radicato senso di dignità ed orgoglio della popolazione siciliana.

Da un altro punto di vista invece gli storici, i geologi, i naturalisti, ma anche chiunque sia affascinato dai luoghi magici dell’Isola di Ustica, non potrà non apprezzare gli spunti di visita forniti dagli Autori negli itinerari per rintracciare i luoghi descritti e le formazioni geologiche che rendono Ustica un percorso di visita obbligato per studenti, ricercatori e appassionati di Scienze della Terra in una Sicilia quasi sconosciuta.

giovedì 18 settembre 2014

Sulle tracce di James Hutton: geologia e storia nella città di Edimburgo (parte prima, nell’attesa del referendum sull’indipendenza scozzese)



Luoghi della memoria e memoria nei luoghi



Prospetto dell’antica Città di Edimburgo vista da Nord
di Alessio Argentieri





Abbiamo già avuto occasione, parlando di Roma e dei suoi luoghi della geologia, di analizzarne l’odonomastica come indicatore della capacità di una comunità di onorare e ricordare i propri concittadini e connazionali illustri (link). A conclusione di quel percorso constatammo con rammarico come la Città Eterna abbia oggi perso, non giustificata dalla sua età veneranda, quella memoria. Sito simbolico, il mancato Museo Geologico di Santa Susanna, che vi invitiamo nuovamente a votare come “Luogo del cuore” del FAI (link).

Il confronto con altre realtà, soprattutto del mondo anglosassone, può servire come stimolo a seguirne il buon esempio. Il migliore di tutti, a nostro avviso, lo si trova nella città di Edimburgo, che come Roma ha rappresentato un laboratorio naturale per la nascita e lo sviluppo della geologia delle aree urbane.



Geologia e geologi nel paesaggio scozzese

Lo sviluppo edilizio ed urbanistico della capitale scozzese è stato significativamente condizionato dal suo assetto geologico. Lo sperone su cui sorge l’Edinburgh Castle è costituito da un neck vulcanico (Castle Rock), così come l’imponente edificio dell’Arthur Seat che domina da Est tutta la regione dei Lothians. Durante i periodi glaciali rilievi l’azione erosiva delle masse di ghiaccio ha modellato il paesaggio, smantellando le sequenze sedimentarie carbonifere (Coal Measures), preservando una stretta dorsale nel “cono d’ombra” a tergo del neck vulcanico rispetto al movimento dei ghiacciai da Ovest verso Est. Lungo questa cresta, dalla morfologia detta “crag-and-tail”, si è sviluppato il Royal Mile, arteria principale della Auld Reekie, la Vecchia Città Sporca, che dal Castello scende dolcemente verso la residenza Reale di Holyrood Palace.

Questo scenario attirò, nella seconda metà del Settecento, l’attenzione di James Hutton, nato ad Edimburgo nel 1726, di professione medico.

 
John MacCulloch, A Geological Map of Scotland by Dr MacCulloch (London, 1840). Stralcio della zona del Firth of Fort, sulla cui sponda meridionale sorge Edinburgh.

 

La Scozia ha avuto gioco facile nel generare molti maestri della geologia moderna, favorita com’è dal suo meraviglioso paesaggio naturale che espone terreni antichissimi, dalle Northern Highlands attraverso i Grampian Mountains sino alle Lowlands, in una macrosezione geologica dell’orogene caledonico. Come molti “prodotti” nazionali scozzesi di cui gli inglesi si sono appropriati, anche Sir Charles Lyell era nato qui, nel Berwickshire. E scozzesi erano Sir Roderick Murchison e la pioniera dell’emancipazione femminile Maria Ogilvie Gordon, originaria dell’Aberdeenshire, di cui abbiamo già avuto occasione di parlarvi come “Dama delle Dolomiti” (link). Ma il capostipite di tutti è James Hutton, riconosciuto Padre della geologia moderna.





 
Macrosezione geologica della Scozia nel piazzale antistante il museo interattivo “Our Dynamic Earth” ad Edimburgo




James Hutton e l’Illuminismo Scozzese

Nel Secolo dei Lumi un contesto storico peculiare favorisce una fase di grande fervore intellettuale che fa assurgere Edimburgo a capitale culturale d’Europa: è lo Scottish Enlightment, l’Illuminismo Scozzese, epoca aurea che vede James Hutton tra i suoi protagonisti. Ognuno attivo in una diversa disciplina, studiosi, pensatori, scienziati animano un ambiente irripetibile, favorito da un raro lungo periodo di pace tra le infinite guerre che hanno infiammato per secoli le isole britanniche.

Dopo la morte dell’Imperatore Carlo VI nel 1740, lo scenario europeo fu movimentato delle tensioni fra Inghilterra protestante e Francia cattolica. In Scozia prese corpo un’insurrezione giacobita attorno alla figura di Bonnie Prince Charlie (Charles Edward Stuart, nato a Roma nel 1720, figlio di James III e nipote di James II, ultimo Re della Casata. Nel 1745 “the Young Pretender” giunse in Scozia per tentare di riconquistare il trono per suo padre (il Vecchio Pretendente), riuscendo a mobilitare i clan delle Highlands. Dopo le vittorie iniziali e la conquista di Edimburgo, gli insorti invasero l’Inghilterra intenzionati a marciare su Londra per deporre il sovrano; costretti a ripiegare in Scozia, vennero sconfitti nel 1746 a Culloden Moor, nelle Highlands, dall’esercito inglese guidato dal Duca di Cumberland. La rivolta fu repressa ferocemente: Bonnie Prince Charlie, eroico e romantico perdente, dovette cercare riparo in Francia (e poi a Roma, dove morì solitario e alcolizzato nel 1788), la Scozia sconfitta fu umiliata da severe misure punitive e repressive (agli Highlanders sconfitti fu perfino proibito l’uso di kilt e tartan).


Bonnie Prince Charlie





Come spesso è accaduto nella Storia, un evento infausto portò conseguenze benefiche: nonostante l’orgoglio nazionale ferito, Edimburgo per molti anni fu un ambiente quieto e favorevole allo sviluppo delle discipline umanistiche e scientifiche, tanto da venir definita “l’Atene del Nord”.

James Black per la chimica, James Watt nella fisica, Walter Scott nella letteratura, David Hume per la filosofia, per citarne alcuni, furono tra i protagonisti dell’Illuminismo Scozzese. Di questo consesso di geniali contemporanei faceva parte a pieno titolo James Hutton, con i suoi discepoli James Hall e John Playfair; in quell’epoca d’oro egli impostò le discipline geologiche che prima Lyell e poi Darwin avrebbero contribuito a sviluppare. Nella stessa epoca di Hutton, in Italia operava un’altro talento, purtroppo meno riconosciuto universalmente, Giovan Battista Brocchi, ma questa è un’altra storia...



La memoria di queste vicende è orgogliosamente custodita dal popolo scozzese, che nel ricordo di moltissime sconfitte e rare ma memorabili vittorie, affronta oggi 18 Settembre 2014 l’atteso referendum sull’indipendenza.

Il voto cade- non a caso- nell’anno del settecentesimo e molto celebrato anniversario della battaglia di Bannockburn, vinta nel 1314 dagli scozzesi guidati da Robert the Bruce. Dopo di allora, dagli inglesi molte e ripetute mazzate, solo parzialmente compensate in epoca moderna da sporadiche vittorie rugbystiche nel Torneo delle Cinque e Sei Nazioni.

Nell’attesa di sapere se prevarrà l’orgoglio nazionalistico o il buonsenso della convenienza nel motto “Better together”, analizziamo un aspetto dello Scottish Pride facendo un particolare pellegrinaggio geologico nella città di Edimburgo, che in più luoghi onora la memoria del suo illustre figlio James Hutton.



(to be continued…)





venerdì 12 settembre 2014

IL PROGETTO “GEOITALIANI”: LA STORIA DELLA GEOLOGIA QUALE MEZZO PER LA DIVULGAZIONE DELLA CULTURA SCIENTIFICA IN ITALIA


THE “GEOITALIANI” PROJECT: HISTORY OF GEOLOGY AS A KEY FOR THE SPREADING OF SCIENTIFIC KNOWLEDGE IN ITALY


di Alessio Argentieri, Fabiana Console, Carlo Doglioni, Simone Fabbi, Marco Pantaloni, Fabio Massimo Petti, Marco Romano e Alessandro Zuccari


Oggi viene presentato a Milano al convegno THE FUTURE OF THE ITALIAN GEOSCIENCES- THE ITALIAN GEOSCIENCES OF THE FUTURE (87° Congresso della Società Geologica Italiana e 90° Congresso della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia), che si tiene in forma congiunta dal 10 al 12 Settembre 2014 presso l’Università degli Studi di Milano.


Il contributo sintetizza lo spirito della nostra iniziativa e ripercorre il cammino sin qui fatto a partire dall'istituzione della Sezione di Storia delle Geoscienze della Società Geologica Italiana nel Dicembre 2012.


venerdì 5 settembre 2014

1873 - Giuseppe Ponzi e la storia dei Vulcani Laziali: la prima carta geologica

di Fabiana Console


Nel febbraio del 1859 presso l’Accademia Pontificia Tiberina Giuseppe Ponzi, che divenne primo titolare della Cattedra di Geologia voluta da Papa Pio IX a Roma nel 1864, lesse il suo discorso Sulla Storia naturale del Lazio, in seguito pubblicato nel vol. 158 del Giornale Arcadico.
In quella memoria egli fece una breve esposizione degli avvenimenti di natura vulcanica che si attuarono in quella regione e diede una spiegazione, per la prima volta, “dei monti che ne risultarono”.
Dopo quasi quattordici anni, tornato a leggere quello scritto, ne rimase così mal contento” tanto da indurlo a condannarlo “alla oblivione” e riprodurlo corretto con nuove cognizioni “acquistate” da ulteriori osservazioni geologiche che espose il 7 dicembre del 1873 alla Reale Accademia dei Lincei, il cui Presidente era allora Quintino Sella.

L'origine vulcanica dei territori oggi denominati Colli Albani era stata riconosciuta per la prima volta dal fisico Girolamo Lapi, nel 1759, che aveva anche riconosciuto i laghi di Albano e Nemi come crateri vulcanici. Molti studiosi, italiani e stranieri, si erano interessati in seguito a vari aspetti geologici, giungendo alla carta di sintesi di Murchison, e molti altri studi seguirono, sempre più approfonditi. In questo breve scritto si vuole fare una sintesi del lavoro di Ponzi che ha dato poi vita alla prima vera Carta geologica dei vulcani del Lazio, rilevata e disegnata da lui. Come detto, gli studi su quest'area, rivelatasi di grande interesse, si moltiplicarono e portarono a rappresentazioni cartografiche sempre più complesse e dettagliate e a ricostruzioni approfondite dell'evoluzione di quello che appariva sempre più un territorio vulcanico decisamente articolato.