Fig. 1 – Pietre verdi (Appennino Settentrionale). |
Tra
i lasciti del Prof. Anelli dell'Università di Parma è stato rinvenuto un
volumetto di Federico Sacco, con dedica autografata in copertina, dal titolo «I
problemi delle formazioni ofiolitifere delle Alpi e dell'Appennino», pubblicato
nel 1934 per estratto dal Bollettino del Regio Ufficio geologico d'Italia.
Dal
titolo e dall'indice si può già intuire l'ambizione di questo lavoro, che non
tradisce le attese.
Nella
consueta veste dell'articolo scientifico, con tanto di abstract in
italiano e in latino, si cela infatti un album dei ricordi di quel periodo
geoscientifico (di 80 anni fa), nonché una sorta di testamento professionale
dell'autore, come egli stesso velatamente annuncia nella parte introduttiva (aveva
70 anni all'epoca e morì 15 anni dopo).
Alcuni
selezionati passaggi (dove si è scelto di omettere la gran parte delle
ripetizioni e dei termini relativi a fossili, minerali e rocce, unità geologiche,
località, autori e loro articoli, pure presenti in gran quantità) permettono di
cogliere il valore di quest'opera e stimolare qualche interessante riflessione.
Un
box in coda ripercorre le nozioni principali oggi riconducibili alla voce ofioliti.
Fig. 2 – Copertina. |
Una doverosa premessa, prima di passare agli estratti.
Sacco
nasce poco dopo l'Unità d'Italia, attraversa le due Guerre Mondiali e scompare
dopo i primi atti istitutivi della Repubblica.
Lo
stato delle conoscenze geologiche, al momento della pubblicazione
dell'articolo, si trovava in una fase nevralgica: molto già si sapeva ma
diverse importanti informazioni rimanevano ancora misconosciute, anche per
l'assenza degli strumenti adeguati per rilevarle, con evidenti ripercussioni
sulle capacità interpretative di grande e piccola scala. Si può dunque
immaginare come le ofioliti, insieme alle formazioni ad esse associate, abbiano
messo in gioco un vastissimo spettro di considerazioni ancora parzialmente
immature, su aspetti generalmente connessi: le caratteristiche composizionali,
i supposti processi generatori, le ipotesi sulla messa in posto e sulle
trasformazioni post-deposizionali delle varie unità, con le rispettive
datazioni, le suggestioni relative ai primi “timidi” tentativi di comparazione
con altri luoghi del mondo, di associazione tra presente e passato e di
correlazione tra Alpi e Appennino. Non sorprende, quindi, che le pagine
abbondino di riferimenti a diverse teorie interpretative e ai relativi studiosi,
in alcuni casi sostenuti, in altri casi criticati, talvolta anche in modo
vigoroso.
Difficile
rimanere indifferenti. La distanza da quel momento storico è critica per
scatenare un confronto istintivo tra i nostri rispettivi approcci e saperi. E
così, se da un lato strappa qualche sorriso il registro talvolta un po'
colloquiale, a tratti ingenuo, ma soprattutto l'assenza o addirittura la
negazione di concetti che ora consideriamo quasi scontati, dall'altro non
possiamo che rimanere ammirati dalla vastità delle conoscenze, pur
relativamente rudimentali e in qualche caso rivelatesi inesatte, che uno
studioso di quel tempo, a quei livelli, sapeva maneggiare.
E'
curioso notare come gli intellettuali del mondo occidentale cominciavano,
proprio in quegli anni, a mettere in guardia sulle insidie delle
specializzazioni (o specialismi) e sulle scissioni fra scienza e coscienza, di
fatto decretando ormai trascorso il periodo storico che vedeva una più
elementare divisione della società in sapienti e ignoranti. A quale categoria
appartenesse Sacco non è un mistero.
Fig. 3 – Rocce ofiolitiche (Appennino Settentrionale).
L'introduzione,
intitolata “Generalità”:
Le formazioni geologiche denominate: Zona delle Pietre Verdi
(Schistes lustrés, ecc.), nelle Alpi e delle Argille scagliose, degli
Argilloscisti o Galestri ofiolitiferi, ecc., nell'Appennino sono
così speciali e tanto diverse da quelle costituenti i soliti terreni
sedimentari ed endogeni, sia per la loro origine sia per la loro natura, sia
per il loro modo di sviluppo, sia per la loro tettonica, sia per i loro
fenomeni svariati, ecc., che esse presentano al geologo una quantità di
problemi interessanti non facili a risolversi e quindi campo di parecchie
controversie scientifiche tra gli studiosi.
Dopo quasi mezzo secolo che vado esaminando tali formazioni,
percorrendo in ogni senso dette regioni alpino-appenniniche, siccome si
avvicina per me il momento di rendere i conti, parmi opportuno di presentare,
almeno in sintesi, il prodotto delle mie osservazioni e le relative
interpretazioni riguardo a detti problemi [...].
Per chiarezza d'esposizione svolgerò brevemente gli argomenti in
diversi capitoli riguardanti successivamente: la costituzione litologica,
l'origine, l'età e la tettonica dei terreni sedimentari ofiolitiferi, dapprima
appenninici (perciò più analoghi ai depositi attuali) poi alpini (più antichi e
quindi più differenti, per metamorfismo, dagli attuali). Dopo ciò passerò ad un
breve esame sopra la litologia e l'età delle rocce verdi od ofioliti, chiudendo
con qualche cenno sui graniti, seguendo lo stesso criterio logico sovraccennato
per andare così dal meno al più difficile di interpretazione.
Fig. 4 – Rocce ofiolitiche (Appennino Settentrionale).
Relativamente
alle “Formazioni sedimentarie” inglobanti le ofioliti:
(l'avversione
al termine flysch)
Quanto al nome di Flysch (nome volgare svizzero, analogo al
tedesco Flötz, allo scandinavo Fleeze, ecc.) messo nella letteratura geologica
dallo Studer nel 1827, già originariamente assai comprensivo [...] il suo uso
serve a produrre confusione cronologica e litologica, quindi sarebbe bene non
più adottarlo.
(le
origini misteriose)
[...] si venne infine a constatare che queste un po' misteriose
formazioni [...] non sono altro che depositi batiali-abissali, analoghi a
quelli che si formano ora nelle grandi profondità marine, le cosiddette fosse
oceaniche (l. s.), di cui però, data l'ubicazione, non si hanno ancora
cognizioni complete, non molto più avanzate oggi di quelle segnalate mezzo
secolo fa dalle famose ricerche del « Challenger ».
[…] se esiste analogia, direi, originaria, batiabissale, fra le
due formazioni ofiolitifere, appenninica ed alpina, evidentissima ne appare la
differenza [...] tutto ciò in connessione non tanto coll'età [...] quanto con
un specialmente intenso e prolungato fenomeno metamorfico (anamorfismo)
essenzialmente dinamo-idrotermale. Cosicché mentre i terreni appenninici in
questione conservano ancora generalmente l'aspetto di fanghi più o meno
induriti [...] invece gli analoghi alpini sono già giunti allo stadio di
Filladi […].
(i
problemi dell'età)
Il problema dell'età dei terreni in esame si è presentato agli
studiosi come assai difficile a risolvere, specialmente per la quasi mancanza
di fossili e l'intricata tettonica [...].
Quando, 45 anni fa, cominciai ad occuparmi di queste varie
formazioni, rilevando l'Appennino Settentrionale, ebbi la fortuna
d'incontrarvi, tra le Argille scagliose, parecchi e svariati fossili tipici del
Cretaceo [...] Tali prove paleontologiche così lampanti [...] non riuscirono
però ancora, salvo poche eccezioni, a convincere i geologi italiani, cercandosi
di svalorizzare dette prove con ipotesi di rimaneggiamenti [...] E così la
formazione argilloscistosa ofiolitifera dell'Appennino [...] è ora generalmente
considerata come eocenica dai geologi italiani e giurassica da quelli stranieri
[...].
[...] sull'età della formazione ofiolitifera alpina [...] si può
dire che è una formazione [...] di varia estensione cronologica secondo le
regioni [...].
(la
tettonica “light”)
[...] trattandosi di terreni fondamentalmente argillosi,
scistosi, (anche dopo aver subito in vario grado il metamorfismo), quindi più o
meno plastici, flessibili, scorrevoli, talora si potrebbe dire quasi
lubrificanti, è naturale che essi, sotto l'azione delle spinte orogeniche, non
solo si corrugarono facilmente, ma subirono anche ogni sorta di contorsioni [...]
che vi si sono osservate tanto spesso in piccola come in grande scala nonché
spesso [...] carreggiamenti e simili fenomeni, che tanto intensamente turbarono
la tettonica alpino-appennica, però naturalmente entro i limiti delle leggi
della meccanica.
Durante il rilevamento geologico compiuto, per quanto saltuario,
attraverso quasi mezzo secolo, potei convincermi che per le formazioni ofiolitifere
dell'Appennino la tettonica si riduce essenzialmente ad una serie di pieghe più
o meno accentuate [...] rovesciate anche per vari chilometri, in modo che
talora, per susseguenti fenomeni d'erosione, troviamo placche isolate di
terreni cretacei sovrapposte, isolate […] in modo da apparire quasi come
rilievi anticlinali, quindi più vecchie dei circostanti [...] ingannando così
spesso gli studiosi di Geologia appenninica anche circa l'interpretazione
cronologica [...].
Si tratta però di trasgressioni limitate, di qualche chilometro,
ma non di centinaia di chilometri, quali diventarono nelle teorie [...].
Così pure intrusioni di argille scagliose osservansi persino nei
tipici terreni pliocenici dell'Emilia, come segnalai da oltre quarant'anni e
come meglio precisò poi l'Anelli. Fenomeni interessantissimi i quali si
presentano con modalità che stanno tra il diapirismo tettonico (l. s.) e
l'intrusionismo di tipo pseudo-endogeno.
Quando però, poco dopo il principio del corrente secolo, vennero
a studiare l'Appennino alcuni geologi stranieri, pervasi dalle teorie dei
carreggiamenti ad oltranza, la geotettonica appenninica subì una
interpretazione ultranappistica [...] Perciò [...] furono trascinati […] ad
immaginare giganteschi carreggiamenti, dello sviluppo da 100 a 200 chilometri,
per cui detta formazione di Argilloscisti, disposta in immense zone o falde o
nappe o decke (colle inglobate Ofioliti, Radiolariti, Calcari alberesi,
ecc.), sarebbe andata a ricoprire [...] i sottostanti terreni [...].
Fra gli italiani questa teoria dei grandiosi carreggiamenti
appenninici ebbe un seguace e cultore nel prof. Rovereto [...]. Quanto alle
radici e quindi alla provenienza di queste gigantesche falde di carreggiamento,
non vi è accordo fra gli autori, facendole derivare alcuni dall'est, altri
dall'ovest, dall'Elba o dalla Corsica, prevalentemente dal Tirreno e delineando
tale fuoriuscita dalla zona radicale a foggia di ventaglio od a cavolfiore [...].
L'Appennino risulterebbe così un pays de nappes, con una
vasta carapace autoctona su cui passò il gigantesco traineau écraseur
dello pseudo Flysch alloctono delle Liguridi convoglianti anche
le grandi masse ofiolitiche, ecc. È veramente una magnifica Geopoesia!
Ma a chi per decenni si dedicò allo studio analitico della
Geologia appenninica, la sovraccennata teoria appare come una Geofantasia che
urta anzitutto contro le leggi della meccanica, poi contro la realtà dei dati
paleontologici, tettonici, ecc.
Quanto alle formazioni ofiolitifere [...] delle Alpi, i geologi
attraverso varii decenni di minuti metodici rilevamenti, specialmente i
rilevatori del R. Ufficio geol. ital. nella regione occidentale, avevano messo
in chiaro la loro costituzione tettonica essenzialmente a pieghe, spesso
accentuatissime, più o meno coricate, anche con ribaltamenti grandiosi e
rovesciamenti estesissimi [...].
Ma anche qui, come per l'Appennino, diversi geologi,
specialmente stranieri, fondandosi su notevolissimi fenomeni, più o meno
locali, di carreggiamento, che esistono realmente in alcune regioni alpine,
credettero poterli estendere in scala vastissima, tanto da sconvolgere quasi
completamente l'interpretazione tettonica (relativamente semplice) dei
corrugamenti accavallati e ribaltati, che pur ammettevano carreggiamenti di
qualche diecina di chilometri.
Tale scuola moderna della Geotettonica alpina, in parte teorica,
si iniziò circa mezzo secolo fa [...] e continuò poi sempre più accentuandosi
ed esplicandosi con interpretazioni teoriche, che paiono talora anche un po'
fantastiche, per opera di [...] ecc. ecc. e di pochi geologi italiani come
Cacciamali, Rovereto, Hermann, G. B. Dal Piaz, ecc. Fu creata tutta una
terminologia speciale, si costruirono Carte e Sezioni geotettoniche teoriche e
quindi con interpretazioni varie secondo gli autori ed anche talora,
successivamente, dallo stesso autore.
Non è qui il caso neppur d'accennare in sintesi lo svolgimento
di questa teoria, poiché ciò obbligherebbe ad uscire troppo dall'argomento di
questa Nota [...].
Ma appare pure evidente che nella interpretazione di tali
fenomeni tettonici si è andati talvolta troppo oltre, giungendosi ad una vera
esagerazione che ci lascia quindi perplessi, dubbiosi ed infine ci rende
contrari all'accettazione di certe idee ultranappistiche; tanto più quando esse
sono talora perfino contrarie, oltre che al buon senso, anche alle leggi della
meccanica e quando consideriamo certe proposte radici delle zone carreggiate [...]
su cui sono spesso in disaccordo gli autori che le propongono, sia riguardo
alla posizione, sia alla direzione di spinta, sia all'epoca della loro origine,
ecc., segnandole talora con sezioni tali da apparire fantastiche per non dire
assurde.
Però, non avendo potuto studiare direttamente (come per
l'Appennino) la geotettonica di tutta la catena alpina, ma solo specialmente
quella delle Alpi Occidentali, non ho la capacità né l'autorità di giudicare su
tali così complesse teorie ultranappistiche, quantunque mi paiano più logiche e
in generale più vicine al vero le sezioni geologiche schematiche, fondate sulla
geotettonica constatata sul terreno, che pubblicai, un ventennio fa [...].
Fig. 5 – Rocce ofiolitiche (Appennino Settentrionale).
Relativamente
alle “Formazioni ofiolitifere”, ovvero alle vere e proprie ofioliti:
(magmatico,
sedimentario o... ?)
L'intercalazione, anche ripetuta, delle rocce ofiolitiche
frammezzo alle formazioni certamente sedimentarie […], oltre che la notevole
differenza che esiste tra le rocce ofiolitiche e quelle classicamente endogene,
fece dapprima nascere in alcuni studiosi […], l'idea che si trattasse di
speciali terreni sedimentari, riccamente magnesiaci […]. Fra le ipotesi emesse
sull'origine delle Pietre Verdi è anche da ricordarsi quella […] delle
cosiddette colonne montanti […], colonne di vapori caldi mineralizzatori
filtranti attraverso le rocce sedimentarie […] come rappresentanti un fenomeno
eruttivo […].
Ad ogni modo l'esame, specialmente mineralogico, delle rocce
ofiolitiche […] fecero riconoscere l'origine certamente endogena di tali rocce.
Così furono osservate […] in recenti colate laviche (come, per esempio, in
Islanda), e rocce gabbriche sia coi basalti intercalati [...] ed andò sempre
più conformandosi che le rocce verdi provengono da magmi basaltoidi (l. s.),
simici, talora persino un po' femici.
Del resto rocce endogene recenti, più o meno analoghe alle
ofioliti in esame, si vanno sempre più scoprendo nelle aree oceaniche […].
Contuttociò rimase sempre non poca incertezza sul modo di
formazione o messa in posto di queste varie rocce ofiolitiche.
Infatti esse […] non presentano generalmente, colle rocce
inglobanti, quei fenomeni di contatto che appaiono generalmente aureolare le
tipiche rocce endogene con indizio di alte temperature.
Inoltre non si sono finora mai trovati resti di quel gambo,
camino o canale alimentatore delle masse ofiolitiche, che parrebbe essere
caratteristico delle rocce vulcaniche.
Di più, spesso queste rocce ofiolitiche si presentano realmente
interstratificate, anche in sottili zone, per chilometri; ciò sia fra gli
Argilloscisti appenninici […], sia, ed anche più ripetutamente, fra i
Calcemicascisti delle Alpi […].
L'interpretazione che sembra meglio concordare coi fatti
osservati pare quella di intercalazioni, talvolta ripetute, di magmi basici,
quindi fluidissimi, anche se non di altissima temperatura, fra i sedimenti
mesozoici, di tipo batiabissale, delle regioni alpino-appenniniche; fenomeno
che si sarebbe verificato in modo vario, cioè, sia per intrusione orizzontale
fra terreni già depositati, sia [...] per estrusione sul fondo marino durante la
sedimentazione argillosa […].
Si tratta cioè di quel complesso di fenomeni endogeni,
ipoabissali, per cui le masse ignee non furono già iniettate e disposte
discordantemente (in dicchi, filoni, necs, ecc. e loro relative apofisi) ai
terreni preesistenti, ma invece intruse, estruse e deposte in modo da
presentarsi più o meno concordanti colla stratificazione dei terreni
sedimentari marini fra cui rimasero incluse […].
[…] si tratta, sinteticamente parlando, delle cosiddette Abissoliti,
come ha proposto il Daly nel suo recente volume sopra le Igneous Rocks
(1933), cioè di iniezioni abissali, spesso basiche, simiche, originariamente
fluidissime; per cui esse poterono attraversare con qualche facilità le
fratture profonde ed espandersi variamente […]
La causa di questa speciale ascesa intrusiva del profondo magma
simico, fluidissimo, attraverso fessure della stratosfera a costituirvi il
complesso fenomeno delle Abissoliti può essere: sia, in generale, il peso
complessivo (gravità) della massa stratosferica sovrastante, sia la contrazione
del globo terrestre, sia la spinta dei gas sviluppantisi dai magmi profondi,
sia in modo speciale possono considerarsi le pressioni gigantesche che debbono
prodursi nei periodi diastrofici, epeirogenetici e particolarmente in quelli
orogenetici […].
(la
tettonica ofiolitica)
[…] le formazioni ofiolitiche, ammesso che siano contemporanee a
quelle sedimentarie che le inglobano, esse ne hanno naturalmente subìto gli
analoghi movimenti, solo che per la loro durezza, non potendosi piegare e
corrugare spesso si ruppero in cento frammenti così smembrati che furono
trascinati e sparsi irregolarmente in ogni senso e luogo, ciò che appare
specialmente bene nelle regioni argilloscistose dell'Appennino. Tant'è che le
masse maggiori vi si mostrano ora generalmente infrante e ridotte a grandiosi
campi di fratture […].
Tale trasporto dei frammenti ofiolitici fu naturalmente
facilitato da quel famoso lubrificante tettonico (com'è indicato da alcuni
geologi) rappresentato dagli Scisti, specialmente dagli Argilloscisti cretacei,
la cui plasticità e scorrevolezza ed i relativi scivolamenti sono fin troppo
noti.
Il presentarsi le Rocce Verdi a costituire per lo più regioni
elevate non ha generalmente rapporto colla Tettonica, ma dipende in gran parte
dalla loro notevole resistenza agli agenti fisico-chimici che le hanno
smantellate dai depositi argillosi, calcescistosi e simili, assai meno
resistenti, che originalmente dovevano inglobarle; tant'è che spesso tali masse
rocciose, anche le maggiori […] paiono quasi galleggiare sopra gli
argilloscisti.
(l'enigma
dei graniti)
Un'ultima, grave e complessa questione devesi infine affrontare
rispetto alle rocce endogene che appaiono qua e là inglobate nelle formazioni
ofiolitifere, cioè la questione dei Graniti. […]
Si tratta evidentemente di masse non radicate, libere, sparse
fra gli Argilloscisti quantunque più o meno associate alle masse ofiolitiche di
cui sembrano aver condivisa la sorte […].
È notevole che, mentre tali grugni o masserelle granitiche sono relativamente
frequenti fra gli argilloscisti ofiolitiferi dell'Appennino, essi paiono
mancare nelle formazioni un po' analoghe [...] delle Alpi […].
L'ing. Novarese mi segnalò gentilmente che Granito attraversante
Pietre Verdi era stato notato molti anni fa sopra Chiavenna, ma trattasi forse
di fenomeno diverso da quello in questione […].
Le moderne teorie dei carreggiamenti
parvero gettare nuova luce su queste apparse sporadiche di Graniti […]. Già [...]
ho indicato come questa teoria […] ed analoghe teorie di gigantesche falde di
carreggiamento non sono accettabili per varii dati di fatto che vi si oppongono
in modo assoluto […].
Quindi parmi che: o si accetta l'idea,
modificata fin che si vuole […] dello strappamento (fatto dalle ofioliti
erompenti) di frammenti, brandelli di Granito, da una massa granitica
fondamentale, antica che (data la vastità della zona cosparsa di tali graniti)
dovrebbe soggiacere a gran parte dell'Appennino settentrionale; idea che urta
con tanti e gravi fatti […] oppure si ammette l'origine singenetica o quasi,
dei Graniti e delle Ofioliti dell'Appennino, in via intrusivo-estrusiva, di
tipo abissolitico, durante l'epoca cretacea […].
Contro tale idea, che parmi la più
logica, la più semplice e la più naturale pel conforto dei fatti osservati,
rimane specialmente l'opinione, del resto generalmente giusta, della non
connivenza delle rocce acide colle basiche; ma tale regola non può presentare
eccezioni? Credo di sì ed anche non rare.
[…] si può ben concludere che da magmi
in speciali condizioni possono derivare rocce basiche, localmente connesse con
rocce acide; nel caso in esame in una massa magmatica prevalentemente basica
[…] di origine e modalità abissolitiche, si poterono costituire localmente (per
limitate secrezioni, segregazioni, differenziazioni od altrimenti) masserelle
acide, sialiche, granitoidi, che rimasero poi impigliate nelle masse
ofiolitiche, oppure, più frequentemente, se ne separarono restando
individualizzate; tanto più per i fenomeni di corrugamento […] a cui furono
soggette in successivi momenti orogenetici [...].
Ammessa tale origine dei Graniti
appenninici, naturalmente l'età e la tettonica loro corrisponde a quella delle
Ofioliti alle quali sono associati.
Per
saperne di più:
-
Sacco F. (1934), I problemi delle formazioni ofiolitifere delle Alpi e dell'Appennino, Bollettino del Regio Ufficio geologico d'Italia, Vol. LIX, n. 3, 58 pp.
- Ortega y Gasset J. (1930), La barbarie del «especialismo», in La rebelión de las masas.
Con il termine generico di ofioliti ci si riferisce a rocce di
origine magmatica e metamorfica dal tipico colore scuro verdastro (ofioliti
significa letteralmente “rocce color serpente”, popolarmente definite “pietre
nere” o “pietre verdi”), di composizione basica e ultrabasica (cioè iposilicea),
generalmente femica (cioè con tenori relativamente elevati di ferro e
magnesio), corrispondenti ai resti di una crosta basaltico-gabbrica (detta “di
tipo oceanico”, opposta al “tipo continentale”) e del sottostante mantello
peridotitico.
Sacco afferma che “il nome di Ofite fu già usato da Dioscoride,
Vitruvio, Plinio, Agricola, ecc. e poi introdotto nel linguaggio scientifico da
A. Brongniart nel 1813 come Ofiolite e da Palasson nel 1819 come Ophite”.
Quando si parla di successioni ofiolitiche si comprendono, per
estensione, anche i primi sedimenti marini profondi deposti su litosfera di
tipo oceanico, che ritroviamo oggi in posizione detta primaria (cioè in
successione stratigrafica relativamente regolare).
Si parla invece di giacitura secondaria quando le ofioliti risultano
inglobate, come blocchi (olistoliti), in formazioni sedimentarie torbiditiche,
tipicamente argillitiche.
In Italia le ofioliti sono presenti, per lo più in giacitura secondaria,
principalmente nelle Alpi Liguri e Occidentali, nell'Appennino settentrionale (Ligure,
Emiliano e Toscano) e in Calabria, oltre che nella vicina Corsica. Sono
interpretate come resti di un braccio di oceano giurassico apertosi nella
Pangea (il cosiddetto Oceano Ligure-Piemontese) e poi scomparso in subduzione a
causa dei successivi movimenti di convergenza dei blocchi continentali
iberico-europeo e adriatico-africano.
La presenza delle ofioliti definisce specifici Domini, sia in Appennino
(Unità Liguridi) che nelle Alpi (Unità Pennidiche), significativi per le
ricostruzioni paleogeografiche.
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