di Anna Rosa Scalise
In questa breve
nota si vuole (ma soprattutto si deve) ricordare ai colleghi geologi e non, e
a tutta la comunità scientifica, la figura di Carlo Bergomi, ricercatore del
Servizio Geologico d’Italia, scomparso tragicamente in montagna il 14 dicembre
1977, durante una campagna di rilevamento per la Carta Geologica d’Italia, nei
pressi di Letino (CE). Si vuole pertanto richiamare alla memoria un evento
drammatico e unico nella storia ultrasecolare (oltre 140 anni) del Servizio
Geologico d’Italia. Carlo Bergomi si era recato sul Monte Matese solo per pochi giorni,
per raccogliere ulteriori dati che servivano per completare il quadro
sedimentologico e paleogeografico della zona.
Manfredo Manfredini, allora ricercatore più anziano del
Servizio geologico, ricorda: “prima di partire mi
aveva brevemente illustrato con entusiasmo le sue ricerche, […] dovevamo
incontrarci il giorno dopo con i colleghi del Servizio Geologico e
dell’Istituto di Geologia dell’Università di Roma, per discutere sulle sezioni
geologiche dell’Italia centrale in preparazione per il Modello strutturale del
Progetto Finalizzato Geodinamica del C.N.R.”.
Le campagne di
rilevamento geologico si svolgevano, allora, con una macchina di servizio munita
di autista che accompagnava il ricercatore fino ad una località prefissata dalla
quale egli procedeva a piedi per un percorso in montagna fino a raggiungere un
altro luogo, dove era previsto in serata l’appuntamento con l’autista. Manfredini continua: “ricorderò sempre l’angoscia di quelle ore
tra il primo allarme per il mancato appuntamento con l’autista Luciano
Dioguardi la sera del 14 dicembre e il
ritrovamento del corpo verso mezzogiorno del giorno successivo e la speranza
assurda coltivata sino alla fine, che circostanze difficilmente immaginabili
avessero permesso la sopravvivenza di Carlo; sembrava infatti impossibile che
la sua vitalità e la sua intelligenza fossero state improvvisamente annullate
da banali circostanze fortuite” . Una caduta nella forra del Fiume Lete
lasciò senza vita questo giovane che si era fortemente impegnato nella ricerca,
e che fu tra i più validi geologi del Servizio Geologico.
Vittorio Manganelli allora geologo del Servizio Geologico in
una sua nota dedicata a Bergomi scrive: “posso
dire, fiero e consapevole, di essere stato uno dei suoi pochissimi veri amici,
di aver visto crescere in lui il geologo appassionato, il vero ricercatore, per
il quale il lavoro è gioia, la presenza di problemi irrisolti è stimolo e la
loro soluzione il traguardo irrinunciabile”.
Carlo Bergomi nasce
a Reggio Emilia nel 1935, frequenta il liceo scientifico Spallanzani e dopo la
laurea in Scienze Geologiche conseguita presso l’Università di Bologna nel 1958
si dedica per due anni all’insegnamento nelle scuole di Reggio Emilia e
provincia. Nel 1960 dopo aver sostenuto un concorso, inizia l’attività di
geologo presso il Servizio Geologico d’Italia.
Durante la sua
troppo breve carriera Carlo Bergomi ha avuto modo di spaziare in vari settori
della ricerca geologica che gli hanno permesso di cimentarsi nello studio delle
vulcaniti e dei depositi sedimentari del Pleistocene laziale-campano, delle
torbiditi alto-mioceniche del Lazio, delle successioni meso-cenozoiche batiali
di facies umbra e molisana e di quelle mesozoiche di altofondo subsidente di
facies abruzzese.
La dote primaria
di Bergomi che emerge dalla sua stessa produzione scientifica, era la ricerca
accurata, precisa e puntigliosa di tutti gli elementi che è possibile
raccogliere, durante il rilevamento di campagna, con l’attento e ripetuto esame
degli affioramenti e con l’analisi continua di ogni minima variazione di una
data formazione geologica, sia in direzione verticale, sia specialmente in
orizzontale.
“Questo metodo di lavoro,”
- descrive Manfredini– “particolarmente ricco di risultati per le
formazioni sedimentarie, ma utilizzabile anche per quelle vulcaniche, rivaluta,
come mi faceva notare lo stesso Bergomi, il lavoro del geologo rilevatore, al
quale fornisce quella ampia, diffusa e continua documentazione che permette di
ipotizzare un modello teorico concettuale valido dell’evoluzione
paleogeografica e quindi tettonica di una data zona, modello che in un secondo
tempo potrà essere affinato e, solo in alcuni casi, modificato dai risultati
delle analisi di laboratorio”
La prima
pubblicazione di Bergomi risalente all’inizio della sua attività di rilevatore
è la segnalazione nelle argille siltose del Calabriano della Fossa Bradanica di
un gasteropodo, Circulus hennei Glibert 1952,
non ancora ritrovato in orizzonti così recenti.
(tratta da Natural History Museum Rotterdam) |
Seguono lunghi anni di
rilevamento nei fogli geologici di Macerata, Cerignola, Melfi, Gravina di
Puglia, durante i quali si affinano le sue doti di geologo.
Insieme a Vittorio
Manganelli nel 1966 porta a termine il rilevamento del complesso vulcanico di
Roccamonfina, e nel 1969 le Note illustrative del foglio Gaeta nelle quali era
stato deciso di inserire la descrizione di tutto l’apparato vulcanico. Tali Note
– descrive manfredini - “….. pur nella loro stringatezza, costituiscono
la prima completa e precisa ricostruzione dell’evoluzione di questo apparato”.
Nel rilevamento del foglio Benevento, Bergomi affronta per la prima volta i
problemi della successione carbonatica di altofondo in una zona di margine
geologicamente complessa con metodologie sedimentologiche ancora in fase di
evoluzione e con tempi ristretti. “Malgrado
tutto,” - continua la narrazione di Manfredini
- “ la successione carbonatica è
stata accuratamente esaminata in tutte le sue caratteristiche sedimentologiche,
biostratigrafiche e paleoambientali, ponendo in evidenza le variazioni fra le
diverse zone e ipotizzando su queste basi un nuovo concreto e documentato
modello sedimentologico, paleogeografico e tettonico, che si avvicina
all’ipotesi di un’evoluzione strutturale dell’Appennino dovuta in gran parte a
deformazioni sinsedimentarie e che risulta profondamente diverso dalle
interpretazioni tettoniche precedenti”.
“E’ a partire dalla elaborata compressione delle strutture
limitate ma complesse del Monte Taburno e del Monte Camposauro che Bergomi si
appassionò alla serie carbonatica” - così continua Manganelli – “… il suo coerente atteggiamento critico di fronte a problemi che
potevano sembrare essere risolti, lo spinse ad approfondire questo argomento” […]
“la caratteristica costante del suo lavoro era la massima obiettività, il non
accontentarsi mai della spiegazione superficiale, la massima prudenza nell'interpretazione.
Gli era gradita la critica costruttiva ed accettava consigli e suggerimenti,
convinto che il dialogo aperto arricchisce la conoscenza e migliora i risultati”.
In questo modo Bergomi continua il suo lavoro nell’area del foglio Anagni e
poi, soprattutto, per la profonda conoscenza acquisita della successione carbonatica
della piattaforma laziale-abruzzese, nella diretta responsabilità scientifica e
di coordinamento delle attività del foglio Subiaco, nelle attività di
rilevamento geologico nell'area del foglio Avezzano e nella collaborazione al rilevamento
del foglio Fabriano.
Questa sua vasta
ed approfondita conoscenza della geologia dell’Appennino gli consente di
assumere la responsabilità di una ricerca sul Miocene laziale con il CNR e di
collaborare agli studi sul programma del Modello Strutturale del Progetto
Finalizzato “Geodinamica”.
Stralcio del Foglio geologico 376 Subiaco della Carta geologica d'Italia alla scala 1:50.000 (Servizio geologico d'Italia - ISPRA) |
“All’ultima pubblicazione di Bergomi, scritta insieme a
Vittorio Damiani è
legato il ricordo della mia ultima escursione con Carlo - continua Manfredini - …… una serena giornata autunnale con l’appassionata illustrazione da
parte di Bergomi e Damiani dei vari affioramenti della trasgressione miocenica
in un vasto settore del Lazio meridionale e con lunghe stimolanti discussioni”.
“Tanti, troppi, sono gli episodi che mi tornano alla
mente quando ricordo Carlo” – continua Manganelli - “tutti hanno in comune la sua gentilezza d’animo e la sua grande
generosità ……”.
Nicola Zattini, geologo rilevatore di quegli anni
racconta: “sin dai primi mesi di quel
1960, la nostra conoscenza divenne in breve tempo amicizia vera e profonda”
- e continua - “.. ricordando Carlo
Bergomi mi viene subito in mente la sua spontaneità, la sua solarità, la sua
onestà sia di pensiero che di giudizio. Ricordare Carlo in modo positivo non è
dovuto al fatto di essere un amico ma perché era veramente una bella persona,
ogni suo atto lo sottolinea”.
Il 4 dicembre 1987, a dieci anni dalla
sua scomparsa, in ricordo di Carlo Bergomi si è tenuto a Roma un dibattito su
quelle stesse tematiche che tanto lo avevano appassionato durante la sua breve
ma intensa vita scientifica. Le comunicazioni presentate nella Giornata di
Studio, quale contributo ad un ulteriore approfondimento delle conoscenze
geologiche sull’Appennino centro-meridionale, sono state raccolte e pubblicate
da Vittorio Manganelli e Mario Valletta in un volume delle Memorie Descrittive
della Carta Geologica d’Italia.
Una piccola targa
fu affissa dai colleghi e dagli amici del Servizio sulla parete calcarea
all'inizio dello strapiombo nel luogo della tragedia.
La morte di Carlo Bergomi ha evidenziato le
carenze della struttura e le condizioni di disagio e di difficoltà in cui hanno
vissuto ed hanno operato negli anni i geologi di Stato. Una struttura che non
ha risarcito in nessun modo la famiglia del ricercatore che ha sacrificato la
sua giovinezza e ha pagato con la vita la sua passione per il lavoro di
rilevatore troppo spesso trascurato, faticoso e a volte pericoloso.
Noi vogliamo rendere viva alla memoria di
tutti la figura di Carlo Bergomi, sperando che il suo sacrificio non sia stato
vano e che nel nostro futuro ci sia scritto che lo sviluppo delle conoscenze
geologiche possa essere incrementato e possano essere intrapresi ulteriori
investimenti a sostegno delle attività per la Cartografia geologica di base, un
supporto su cui costruire uno sviluppo sostenibile nell'interesse di tutti i cittadini.
Per saperne di
più
manfredini
m. (1978)- Carlo Bergomi. Boll. Soc. Geol.vol 97: 417-421.
manganelli
v.(1977)- Carlo Bergomi (1935-1977). Boll.Serv.Geol. d’It., vol.98: 192-195.
manganelli
v. & Valletta m. (1990) Atti delle Giornate di Studio in
memoria di Carlo Bergomi 4-6 dicembre 1987. Mem. Descr. Carta Geol. d’It., vol.XXXVIII
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