lunedì 5 maggio 2014

Ancora sulla pioggia di sabbia, altresì detta pioggia di sangue



di Marco Pantaloni e Fabiana Console

La questione sollevata da Ponzi nel 1864, relativa all’origine della pioggia di sabbia rossa caduta su Roma nel mese di febbraio di quell’anno (vedi post del 28 aprile 2014), irrisolta allora dallo scienziato romano, venne riaperta qualche anno dopo, nel 1869, a seguito di una lettera che l’Ing. Angelo Alvarez inviò, da Subiaco, al Padre Pietro Angelo Secchi.
Nella lettera, pubblicata sul “Bullettino meteorologico dell’Osservatorio del Collegio Romano” si legge:
Subiaco, li 10 Marzo 1869.
Professore Gentilissimo.

Un fenomeno straordinario ho osservato quest'oggi alle ore 4 pomeridiane. Dopo qualche ora d'un vento impetuoso di Sud-Est, che ci ha arrecato non molta pioggia, mi sono avveduto che tutti i cristalli della fenestra del mio studio erano imbrattati all’esterno di molta polvere lasciata dall'evaporazione di tutte le gocce della pioggia. Quella polvere, d'un color giallo rossastro, l'ho trovata ugualmente in tutti i cristalli delle altre fenestre rivolte a mezzogiorno, e poche tracce alle fenestre di levante. Il fenomeno ha dipeso senza meno da una di quelle pioggie di sabbie che non comunemente si sogliono registrare, provenienti probabilmente dai deserti Africani, non avendo in queste contrade le terre di tal colore, oltreché si trovano fin dalla scorsa notte i terreni tutti bagnati. Anche in questa Rocca Abbaziale, ed in altri punti è stato osservato ugual fenomeno.
Mi creda, ecc.
A. Alvarez”.

Lo stesso Alvarez riscrive a Secchi, in data 12 marzo; Secchi riporta le informazioni ricevute:
“[…] riceviamo la conferma che alla Rocca Abbaziale Monsig. Manetti Vescovo di Subiaco, il quale ha viaggiato in Africa, ha osservato il fenomeno e ha riconosciuto la polvere caduta per vera sabbia del Deserto”.
Secchi riporta poi la trascrizione, dal giornale “L’Unità Cattolica”, di una lettera del prof. Palmieri di Napoli del giorno 11 Marzo che diceva:
“Nel giorno di ieri […] si levò un vento di SE e di vero scirocco, e l’aria divenne fortemente caliginosa. Verso sera cadeva una sabbia finissima di color gialliccio sbiadito […]. Essa non è venuta dal Vesuvio, il quale non ha presentato alcun fenomeno, ma è stata condotta dal vento da contrade remote, come altre volte è accaduto, e tutti sanno come il famoso Eremberg raccogliendo una simile sabbia che cadde a Berlino, dimostrò col suo microscopio che la medesima proveniva dall’interno dell’Africa”.
Padre Pietro Angelo Secchi





Il resoconto di Secchi continua, riportando le osservazioni di P. Mancini che vide, dalla terrazza dell’Osservatorio del Collegio Romano, “[…] oscurarsi a poco a poco tutto l’orizzonte dalla parte di Sud-Est […]” e di una “signora inglese” che consegnò un biglietto nel quale diceva “[…] di aver visto che in ciascuna goccia di pioggia dopo asciugata rimase una sabbia fina e gialla, e mescolata con essa una specie di scoria nera.”

Tale questione, oggi come allora, ci induce ad asserire che ben prima dei modelli previsionali matematici di oggi e dei problemi legati all'attuale fase climatica c'era un interesse del cittadino comune verso le previsioni meteorologiche.
La curiosità nell'osservare il fenomeno così raro ha addirittura spinto il nostro zelante Alvarez a raccogliere questi minuscoli granelli di quarzo e spedirli al direttore del centro Meteorologico Romano tanto che quando il fenomeno si ripeté nella notte tra il 23 e il 24 marzo l’alacre Alvarez riscrisse a Secchi:
“Professore Gentilissimo, […], ho notato che lo straordinario fenomeno della pioggia di sabbia […] si è riprodotto di nuovo […]. Dai cristalli delle finestre rivolte a mezzogiorno ho raccolto un poco di questa sabbia, che gliela rimetto nella presente lettera. […]”
E allora Secchi, dimostrando un inappuntabile rigore scientifico, dopo aver raccolto le informazioni ed i quesiti ricevuti, e dopo aver analizzato le pubblicazioni di altri istituti scientifici compresi i resoconti meteorologici, scrive:
“Lo scirocco cominciato il mercoledì mattina 10 Marzo […] portava spruzzi di pioggia ora sottile ora in grosse nuvole temporalesche. Ciascuna di queste gocciole lasciava un’impronta di terra e di fango. […].Un foglio di carta bianca si mostrava, dopo pochi muniti, tutto cosparso di piccoli grani rossastri, di forma sferica e del diametro da un decimo a un centesimo di millimetro. A chi ci domandasse della provenienza di questa sabbia risponderemmo che seguendo la direzione del vento essa è venuta direttamente dall’Africa, non essendovi altra terra di mezzo, donde si possa supporre che sia stata trasportata eccettuata la Sicilia dove non si trova deposito di questa sabbia.”
E continua, riportando notizie del “Bullettino meteorologico francese”:
“Il 3 marzo alle 11 del mattino una tempesta si scatenò con un furore incredibile su tutta la costa di Algeri […] il vento turbinoso era tanto violento che i camini e i coppi dei tetti volavano trasportati per l’aria, […] e che a Biskra non si poteva uscire di casa per l’enorme quantità di sabbia che turbinava per l’aria. Nel colmo dell’uragano l’atmosfera era talmente oscurata che il mio corrispondente alle 3 pomeridiane dovè accendere il lume. […] Da ciò si vede che la tempesta ha potuto sollevare alle più alte regioni dell’atmosfera una quantità enorme di sabbia: la persistenza del vento ha mantenuto per più giorni questa sabbia al di sopra della regione ordinaria delle nubi. é po avvenuto, e questo si osserva frequentemente nel Sahara, che a questo vento di Nord-Ovest è sottentrato il Sud-Est che è lo scirocco. Questa corrente d'aria in senso inverso ha dunque spinto sopra l'Europa quell'atmosfera sabbiosa sollevata nel Sahara, e dove ha piovuto le gocciole d' acqua sono cadute intorbidate e fangose. Per me l'origine della sabbia caduta a Napoli non potrebbe essere dubbiosa menomamente: con tutto ciò ve ne mando un saggio di quella che io ho raccolto a Souf, e l'identità che potrà risultare dal paragone sarà un argomento incontestabile in somigliante discussione".

L’argomento aveva comunque suscitato interesse nella comunità scientifica, tanto che Secchi conclude:
“Per ultimo aggiungiamo che la pioggia di sabbia del 10 Marzo fu osservata in Isola di Sora dal Prof. Nicollucci, e quella del 24 fu veduta a Catanzaro dal Sig. De Riso e a Napoli dal prof. Scacchi”.
Riguardo la città di Napoli ecco cosa ci dice C. De Sterlich nella sua “Cronica Giornaliera delle Province Napoletane” dal 1 marzo al 31 dicembre 1869:




Orazio Silvestri, dall’osservatorio di Catania, ci ragguaglia (Accademia delle Scienze di Catania, 1877, vol. 40) che
“il 23 marzo col successivo imperversare di una crescente burrasca, il mare di Sicilia era divenuto un mostro furioso e spaventevole, sotto la forza d'un gagliardo vento che impetuosamente soffiava da levante e che fece scendere il barometro fino a millimetri 744,53 ad una altitudine sul mare di metri 31,23. L’ atmosfera si rese ingombra di nembi densi e carichi per cui il cielo acquistò un aspetto insolito essendo sospesa per l'aria una fosca caligine giallo rossastra, di tanto in tanto schiarita da poche e mute scariche elettriche; tale apparenza fu poi accompagnata dal fatto che quando incominciò a cadere la pioggia si vide portare con se il colore delle nubi ed era altresì capace di produrre delle macchie giallorossastre”.
Gerolamo Boccardo disserta nel 1870 all’Accademia delle Scienze di Torino con una Lettera su una pioggia terrosa caduta in Genova nel 1869. Tale lettera fu addirittura pubblicata sul già famosissimo Nature a Londra lo stesso anno.

Gerolamo Boccardo
La pioggia rossa arrivò addirittura sino a Trieste e Parigi tanto che Secchi ci dice che:
“fu qualificata da Breton nel Bullettino Ass. Sc. De France di Parigi (vol. 5) col titolo di “pluie rouge” (pioggia di sangue)".



Fu nel 1885 che uno studio completo e dettagliato di Giorgio Roster, professore di chimica
a Firenze che con il suo ponderoso volume intitolato “Il pulviscolo atmosferico
ed i suoi microrganismi” fece definitiva chiarezza su tutte le teorie che, da Carriber a Ehremberg,
si erano susseguite in quegli anni:

“All’infuori della caduta di polveri meteoriche composte di particelle ferruginose, abbiamo altri e moltissimi esempi di pioggie di polveri, alle quali può attribuirsi un'origine tellurica, sia che provengano dalla superficie della terra, e più particolarmente dai gran deserti sabbiosi; sia che vengano vomitate dai vulcani. Le correnti atmosferiche trascinano seco talvolti dei veri fiumi di polveri, che deposte regolarmente in certe regioni, sotto un'azione diuturna e ripetuta, son capaci di determinare delle vere formazioni geologiche, dei veri delta atmosferici, come quelli che P.T. Virlet d’Aoust ebbe ad osservare sul grande altipiano del Messico, la Mesa di Anahuak. Anzi il Richthofen attribuisce a questi sedimenti atmosferici la formazione delle pianure che si estendono dal Mississipi alle Montagne Rocciose, e quella delle steppe della China e dell'Asia centrale”.

Per saperne di più:
Angelo Secchi: Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede: http://www.disf.org/Voci/162.asp
Giorgio Roster: http://www.museogalileo.it/istituto/biblioteca-digitale-tematica/roster/homepage/loscienziatoroster.html

United States Army - Signal Corps. Bibliography of meteorology: A classed catalogue of the printed literature of meteorology from the origin of printing to the close of 1881; with a supplement to the close of 1887, and an author index Paperback – January 1, 1889


 

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