di Anna Rosa Scalise
In occasione della ricorrenza dei 140 anni della nascita del Servizio Geologico d'Italia voglio ricordare la figura di Alfredo Jacobacci, a un decennio dalla sua scomparsa, che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare nei primi anni della mia attività lavorativa presso il Servizio Geologico d'Italia.
In occasione della ricorrenza dei 140 anni della nascita del Servizio Geologico d'Italia voglio ricordare la figura di Alfredo Jacobacci, a un decennio dalla sua scomparsa, che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare nei primi anni della mia attività lavorativa presso il Servizio Geologico d'Italia.
Jacobacci
è stato uno dei più prestigiosi Direttori del Servizio Geologico d'Italia;
ricercatore appassionato, geologo rilevatore della Carta geologica d'Italia sia
alla scala 1:100.000 che a 1:50.000 e docente presso le Università degli Studi di
Cagliari e Siena. Della sua posizione di Direttore del Servizio è fondamentale
ricordare l'avvio dei lavori per la realizzazione della nuova Carta Geologica
d'Italia alla scala 1:50.000 e la finalizzazione della stessa verso problemi
prevalentemente applicativi, riguardanti soprattutto la sicurezza del
territorio in relazione alle varie forme del rischio geologico e di
rappresentazione cartografica.
Del
suo impegno come instancabile rilevatore e appassionato ricercatore ne sono
testimonianza gli studi condotti, tra gli anni '50 e '70, in una vasta area
dell'Appennino apulo-campano, compresa tra i Monti del Sannio e della Daunia, e
quelli relativi alla Toscana sud-orientale, all'Umbria e ad un ampio settore
delle Marche occidentali.
Le
tematiche geologiche di queste aree che tanto lo hanno appassionato durante la sua
intensa vita scientifica sono state oggetto di dibattito in una Giornata di
studio, tenutasi a Roma nel 2005, organizzata dal Servizio Geologico d’Italia
per ricordare la sua figura e il suo operato.
Gli
atti del convegno sono stati pubblicati nel vol. LXXVII delle Memorie Descrittive
della Carta Geologica d’Italia.
Il
Prof. Ernesto Centamore, in quella giornata, ricorda Alfredo Jacobacci come “una persona disponibile e aperta al dialogo
e alla discussione scientifica, rispettando sempre le opinioni delle persone.
Nelle discussioni, anche le più accese, non imponeva mai i suoi punti di vista,
ma sulla base della sua lunga esperienza di terreno, cercava di impostare
sempre un’analisi critica e ragionata dei suoi dati e delle nuove teorie,
accettandone i lati obiettivi”.
Alfredo
Jacobacci si laurea nel 1946 presso l'Università degli Studi di Roma in Scienze
Geologiche con 110 e lode. Si occupa come contrattista del rilevamento della
Carta geologica d'Italia e nel 1950 vince il concorso presso il Servizio geologico
d'Italia.
E'
subito impegnato in studi geognostici, di movimenti franosi, di stratigrafia, di
sedimentologia e di geologia strutturale in aree siciliane, abruzzesi, sarde e
laziali. Negli anni sessanta, le nuove conoscenze geologiche sviluppate in
sedimentologia con le tecniche di analisi di facies e sequenziali, gli studi di
carattere strutturale, l'estendersi e l'intensificarsi delle indagini finalizzate
alla ricerca degli idrocarburi, permisero di sviluppare un quadro più moderno
dell'evoluzione geologica dell'Appennino.
E'
proprio in questo periodo che Alfredo Jacobacci, durante i suoi rilevamenti,
effettua il riconoscimento di probabili frane sottomarine intraformazionali,
successivamente indicate con il nome di Olistostromi.
Il
Prof. G. Martelli, amico fraterno nella vita e nel lavoro di Alfredo Jacobacci,
ricorda nella giornata in sua memoria che: “nel
1955, Alfredo e io accogliemmo la proposta dell’ing. E. Beneo, allora Direttore
del Servizio, ad avviare le prime indagini geologiche per la formazione della
prima edizione del foglio n.173 Benevento, alla scala 1:100.000. Il lavoro, in
tempi alterni, e successivamente con i colleghi Alberto Malatesta ed Ubaldo
Perno, fu caratterizzato da esperienze economiche e logistiche abbastanza pesanti,
facendoci tra l’altro conoscere lo stato di marcata arretratezza di alcune aree
del nostro territorio nazionale. Tuttavia, l’opera fu compiuta nel giro di
quattro anni”.
Nell'ambito
della cartografia geologica ufficiale Egli lavora, come rilevatore e come
direttore del rilevamento, nelle zone dell’Italia centrale e meridionale, alla
realizzazione di quindici fogli geologici alla scala 1:100.000, e di altri tre alla
scala 1.50.000, più due fogli geotematici.
Per quel gruppo di giovani rilevatori a contratto, che
nel tempo hanno collaborato con Alfredo Jacobacci, è stato un continuo stimolo
per la ricerca di nuove prospettive, attraverso, innanzitutto, la
collaborazione aperta con altri studiosi appartenenti ai vari Enti di ricerca,
italiani e stranieri, al fine di avere un continuo aggiornamento sulle nuove
frontiere della ricerca e sulle innovazioni che questa apportava.
A
questo gruppo di giovani precari appassionati appartenevano, oltre ad Ernesto
Centamore, Mario Valletta e Bruno Compagnoni, che fornirono la nuova linfa alle allora strutture anemiche del
Servizio; tale entusiasmo contagiò anche i più giovani geologi di ruolo del
Servizio stesso, fino ad allora rimasti in penombra. Centamore racconta che si costituì, “se così si puo' dire, una
sorta di scuola non ortodossa e vincolante, priva di condizionamenti e libera
di spaziare sul territorio senza legacci”.
Alfredo
Jacobacci era un ricercatore estremamente meticoloso e preciso, in continuità con
la straordinaria tradizione dei grandi rilevatori del Servizio geologico. Centamore
ricorda ancora che “sul terreno Egli curava
ogni minimo dettaglio che riportava sulla carta di campagna con il suo “rapidograph
02” ,
cartografando anche le coperture di qualche millimetro quadrato. Registrava poi
tutte le sue dettagliate osservazioni sul quaderno di campagna, accompagnandole
con schizzi, disegni e provini di fotografie. Per Lui i dati di terreno erano assolutamente
prioritari rispetto a quelli basati su teorie o ipotesi dogmatiche non confrontabili,
giustamente convinto che solo in questo modo i problemi geologici potessero
essere più obiettivamente compresi e risolti.
Si aggiornava continuamente, senza per questo, sulla
base della Sua lunga esperienza sul terreno, accettare superficialmente le
nuove teorie e le nuove metodologie.
Dal
1971 inizia l'esperienza di insegnamento universitario presso la facoltà di
Scienze MM.FF.NN. dell‘Università di Cagliari dove dal 1976 insegna Geologia
Stratigrafica e Geologia Regionale; in seguito, insegna Geologia presso
l'Università di Siena e, dall’Anno Accademico 1977/78 fino al 1985, Geografia
per i corsi di laurea in Scienze Geologiche ed in Scienze Naturali. Nel corso
dell’Anno Accademico 1982/83 il Prof. Enrico Tavernelli, che frequenta come
matricola il corso di Geografia, conosce Jacobacci, il quale aveva il compito
di avvicinare gli studenti del primo anno alle discipline geologiche. Tavernelli
ricorda che “Egli era convinto, a buona
ragione, del fatto che la geologia si impara sul terreno. Del Prof. Jacobacci, continua
Enrico, mi preme ricordare che Egli
considerava il rilevamento e la cartografia alla stregua della bussola e del
martello, strumenti imprescindibili del geologo. Noi studenti lo sentivamo
spesso ripetere una frase che esprime efficacemente il suo modus operandi da
rilevatore: “ la geologia di un’area è scritta sulla carta geologica e con
questo documento devono sempre fare i conti schemi e modelli interpretativi;
quando un modello interpretativo non trova pieno riscontro con i dati di
cartografia, sicuramente vi è in esso qualcosa di sbagliato, o comunque da
rivedere o migliorare”.
Una rilettura in chiave critica, continua Enrico, dei
modelli proposti dai vari Autori alla luce delle più moderne vedute sulla
struttura profonda della catena appenninica mette in evidenza l’originalità e
l'attualità del contributo e del pensiero di Alfredo Jacobacci che grazie alla
sua solida formazione e alla sua esperienza vedeva nella carta geologica un
prezioso documento di analisi e di sintesi.
Sin
da quando fu nominato Direttore del Servizio Geologico, nel febbraio del 1973, si
impegna a fondo per nominare Commissioni di studio per la redazione di una
nuova Carta Geologica alla scala 1:50.000 e l'impostazione dei criteri per la
nuova Cartografia Geologica e Geotematica vengono pubblicati sui Quaderni del
Servizio Geologico.
Dal
1973 fino al 1986, in
qualità di Direttore del Servizio, svolge incarichi tecnico-scientifici
nell'ambito del Consiglio Superiore delle Miniere, del Comitato Tecnico degli
Idrocarburi e del Comitato Geologico del Ministero dell'Industria, è Membro Tecnico
del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, del Comitato Geologico Regionale
Sardo e del Comitato Geologico Regionale del Piemonte; in queste sedi non si
stancò mai di mettere in evidenza l'importanza fondamentale del geologo nella
programmazione del territorio.
Ad Alfredo Jacobacci, continua Centamore, premeva molto il potenziamento del Servizio Geologico d'Italia e per questo disegno si impegnò moltissimo in tutte le Sedi accademiche, parlamentari e sindacali e con la collaborazione di alcuni colleghi aveva stilato una proposta per il rilancio del Servizio Geologico sul modello del BRGM francese, svincolato dai singoli ministeri, con personale adeguato e preparato in ogni disciplina, strutturato in una sede centrale e più sedi decentrate e con un’annessa banca dati nazionale.
Il
mio primo incontro con il Prof Alfredo Jacobacci, allora Direttore del Servizio
Geologico, è stato nell'autunno del 1981, quando un gruppo di giovani geologi, (eravamo
in tredici), entrammo a far parte del Servizio Geologico d’Italia che allora
dipendeva dalla Direzione Generale del Corpo delle Miniere del Ministero
dell’Industria.
Egli
si mostrò subito entusiasta della nostra presenza e fu ben felice di
accoglierci e di inserirci nelle attività che in quel momento erano in attivo
presso il Servizio.
Era
interessante poter colloquiare con Lui quando nelle ore pomeridiane veniva
nelle nostre stanze, nella sede di via San Nicola da Tolentino (sede distaccata,
dalla storica sede di S. Susanna), gli piaceva coinvolgerci nella discussione
scientifica sugli aspetti geologico-tecnici che giornalmente, nell’ambito della
sua attività professionale, lo interessavano.
Io
avevo una sorte di timore e riverenza nei suoi confronti, vivevo quei momenti
con estremo interesse ed ero fiera di poter partecipare alla discussione ed
apprendere ciò che Egli con semplicità ci insegnava e che, con forza, ci stimolava
a sviluppare le capacità per individuare, comprendere e proporre adeguate
strategie alla risoluzione dei problemi di natura geologico-ambientale.
In seguito, nell'ambito
del progetto per la realizzazione della Carta della vulnerabilità per franosità
pubblicata sul vol. XXXVI delle Mem.
Descr. della Carta Geol. D’Italia, ho avuto la fortuna di
collaborare con Lui e beneficiare delle sue conoscenze e del suo straordinario
entusiasmo.
Il
30 novembre 1986, raggiunti i limiti di età per il servizio attivo, lascia l’incarico
di Direttore, ma continua a svolgere alcuni dei precedenti incarichi, dove la sua
attività non era condizionata dal passare del tempo.
Purtroppo
un infausto destino lo ha colpito nel pieno delle Sue attività tecnico-scientifiche
e, dopo un lungo periodo di sofferenze fisiche e morali, ha dovuto cedere alla
ineluttabile sorte della natura umana.
Per
saperne di più:
- AA.VV. (2008)- Evoluzione delle conoscenze geologiche dell’Appennino apulo-campano e tosco-umbro-marchigiano. Mem. Descr. della Carta Geol. D’Italia, vol. LXXVII
- http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/periodicitecnici/memorie/memorielxxvii/
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