I LUOGHI
di Marco PantaloniPochi sanno che la maggiore tragedia mineraria mai avvenuta in Italia si sia verificata ad Arsia-Raša, in Istria, alle 4.30 del 28 febbraio 1940, all’interno di quello che allora era territorio italiano, oggi territorio croato.
I minatori morti sotto le macerie o, più tardi, all’ospedale di Pola, furono 185. La stampa di allora, condizionata dal regime fascista, non diffuse la notizia: il Piccolo di Trieste dedicò all’avvenimento solo 30 righe in seconda pagina dando notizia di 60 morti e un centinaio di feriti lievi. I giorni successivi lo stesso giornale risaltò la tempestività dei soccorsi guidati dal Prefetto e dal Federale e riporta l’abnegazione dei minatori. Il 1 marzo annunciò la ripresa dei lavori con gli operai che “Da buoni combattenti essi proseguono la dura battaglia al servizio della Patria e nessuno ha disertato il suo posto.”
Il bacino carbonifero dell’Arsia veniva sfruttato già dal tempo dei Dogi, quando il materiale estratto veniva utilizzato per il calafataggio delle navi. Gli impianti di estrazione non ebbero sosta né sotto l’Impero Austriaco e nemmeno sotto quello Napoleonico.
È stato il più grande impianto estrattivo d’Italia, e successivamente di Croazia. Il carbone istriano risultava essere di buona qualità, simile, se non migliore, di quello britannico. Per lo sfruttamento del carbone venne costituita la Società Arsia, di proprietà statale. Il porto di Arsia divenne, in poco tempo, il secondo porto più importante per quantità di materiale trasportato dopo quello di Genova. Questa parte dell’Istria costituirà terra di emigrazione per migliaia di operai, trasferiti sia per lavorare in miniera ma anche per costruire la nuova “città di fondazione”, provenendo dall’Istria ma anche dalla Sardegna, dal Veneto, dalla Toscana e dalla Lombardia. Dopo l’incidente la produzione venne incrementata, raggiungendo anche dei record di produzione.
Nel dopoguerra Alcide De Gasperi, in un suo celebre discorso, dichiarò che l’Italia era pronta ad accettare, con dolore, le rinunce territoriali a favore della Jugoslavia, ma non a tollerare che venissero tolte le miniere dell’Arsia, che avrebbero potuto rendere l’80% della produzione nazionale di carbone.
Le cause dell’incidente non sono state chiarite; secondo i R. Carabinieri la causa fu la riduzione delle misure di sicurezza conseguenti l’intensificazione della produzione resasi necessaria a causa dello scoppio della II Guerra mondiale che aveva bloccato le navi carboniere dalla Germania verso l’Italia.
Oltre a questo le cause sono da imputarsi agli orari particolarmente gravosi e all’adozione delle regole di organizzazione del lavoro Anbiden, Bedaux e Stakanov che fecero diminuire il rapporto tra operaio e miniera e quindi un maggiore affidamento alla tecnologia che ai segnali “naturali” ben conosciuti dai minatori.
Per saperne di più:
http://www.circoloistria.it/Articoli.asp?idc=10&ch=Attivit%E0%20del%20Circolo&ids=49
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